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La guerriglia di Salvini all'attacco dei grillini: vogliono la droga libera

Il leghista al M5s: ritirate il disegno di legge per la legalizzazione. Conte: non è a tema

La guerriglia di Salvini all'attacco dei grillini: vogliono la droga libera

«Mi aspetto che il senatore dei 5Stelle Mantero ritiri la proposta sulla droga libera. Non è nel contratto di governo e non voglio lo Stato spacciatore». Il vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, dopo la bruciante sconfitta subita con la revoca delle deleghe al sottosegretario leghista Armando Siri, ha continuato a incalzare Luigi Di Maio aprendo un nuovo fronte di scontro sulle proposte di liberalizzazione delle droghe leggere.

«Dico a Luigi Di Maio che combattere la droga significa anche combattere la mafia, come dimostrano gli arresti delle ultime ore contro il clan Casamonica», ha aggiunto il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini propagandando come una grande conquista la chiusura di «altri tre negozi di cannabis cosiddetta legale in provincia di Macerata: con questa operazione la provincia marchigiana non ha più attività di questo tipo, complimenti al Questore e alla magistratura, lo Stato dimostra di non essere complice di chi vende prodotti che fanno il male dei nostri figli».

Un clima di guerra totale, insomma, visto il tono utilizzato nei confronti di quello che dovrebbe essere l'alleato di governo. La replica di Di Maio non s'è fatta attendere. «Salvini vuole chiudere i negozi irregolari che vendono queste sostanze? Ben venga. Oltre a fare questo lo pregherei anche di chiudere le piazze di spaccio della camorra e della mafia, perché poi ci vanno di mezzo bimbe di tre anni come accaduto a Napoli», ha dichiarato ironizzando sulla malmostosità di una Lega irritata per il calo negli ultimi sondaggi. «Non mi stravolgete l'agenda: questo non è all'ordine del giorno», ha ironizzato il premier Conte.

Almeno fino al 26 maggio, queste sceneggiate sono destinate a proseguire. Il Capitano ha individuato una lista di priorità: flat tax, autonomie e Tav sulle quali spera di snidare Di Maio e gli stop dei pentastellati. «Puoi mettere una toppa alla povertà con il reddito di cittadinanza, però gli italiani non hanno bisogno di redditi, ma di tagliare le tasse alle imprese», ha chiosato ieri Salvini insistendo sulla necessità di un abbassamento della pressione fiscale. Il problema è che su questo tema il ministro dello Sviluppo e del Lavoro gioca di sponda con il titolare del Tesoro, Giovanni Tria. «Se si vogliono tagliare le tasse, bisogna individuare le coperture», è il messaggio che il ministro dell'economia ha inviato al leader del Carroccio tramite Il Sole 24 Ore.

L'irrequietezza di Salvini non è solo un riflesso del caso Siri, ma del malcontento che pare serpeggiare internamente al partito di via Bellerio. La defenestrazione del consigliere principe del Capo in ossequio a un giustizialismo d'antan è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La base leghista, infatti, è già furente per il no alle autonomie regionali e all'abbassamento della pressione fiscale per finanziare quel reddito di cittadinanza sulla cui utilità ieri il Capitano non a caso è ritornato. Analogamente, non è un caso che ieri la Lega abbia presentato un emendamento al dl Sblocca cantieri nel quale la Tav viene inserita nel contesto delle opere prioritarie ed emergenziali. Per contro M5s cercherà di reinserire il salva Roma integrale nel dl Crescita.

L'autonomia «serve agli italiani», ha spiegato il ministro dell'Interno, perché «molte Regioni gestiscono meglio rispetto allo Stato centrale: ci sono meno costi e meno sprechi».

Sono ormai dieci le Regioni che chiedono più poteri, più competenze e più possibilità di decidere, ha ricordato precisando che si tratta «non di un favore alla Lega ma all'Italia».

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