Cronaca locale

La lotta al 'tavolino selvaggio' che distrugge i ristoratori del centro

Da alcuni anni, nel nome di un presunto decoro, il Pd nel Primo Municipio ha iniziato una lotta al “tavolino selvaggio” che ha messo in ginocchio i ristoratori del centro storico di Roma

La lotta al 'tavolino selvaggio' che distrugge i ristoratori del centro

Il centro storico di Roma si sta lentamente spegnendo. Da alcuni anni, nel nome di un presunto decoro (che non c’è) è iniziata una lotta al “tavolino selvaggio” che ha messo in ginocchio i ristoratori “mafiosi”.

Al posto dei tavolini arriva il degrado

“Parlano di tavolini selvaggi ma io non sono né mafioso né selvaggio. Burino sì, mafioso no”, ci spiega subito Carlo Muzi, proprietario della pizzeria Montecarlo in vicolo Savelli che qualche settimana fa è stato teatro dell’ennesima scena di degrado. Da quando a Muzi, nel giugno 2018, è stata tolta la concessione di occupazione del suolo pubblico, quello spazio di 39 metri quadri è diventato un parcheggio abusivo che, come ha raccontato ilgiornale.it, viene usato anche dai turisti come orinatoio. “Dopo 32 anni di occupazione mi sento preso in giro dal Comune. Ho sempre pagato 10mila e 600 euro l’anno fino a giugno 2018 e mi hanno dato 5 giorni di chiusura dal 14 settembre al 18 settembre 2018. Poi, senza una valida ragione, mi hanno tolto i tavoli", dice Muzi attaccando il Primo Municipio, guidato dal Pd, per la sua scelta scellerata di introdurre i cosiddetti ‘pmo’, piani di massima occupabilità, ossia i piani con cui sono stati negati metri quadri preziosissimi al commercio. “Di 23 dipendenti, ora ne sono rimasti 13. Ho dovuto mandar via persone che stavano con me da 20 anni e che, ora, si devono rimettere nel mondo del lavoro. Vogliono che prenda le multe e cambi la partita Iva ogni due anni come gli altri oppure vogliono che venda ai cinesi?”, si chiede Muzi con il cuore in gola e gli occhi lucidi mentre guarda le foto appese nel suo locale. Tutti politici e attori nazionali e internazionali che ha sfamato nel corso di oltre 30 anni di ristorazione.

Nel rione Monti incassi ridotti del 60%

Spostandoci in via Panisperna, nel rione Monti troviamo un altro locale storico ‘Da Robertino’, gestito da 20 anni dalla famiglia Pepi. “Nel 1999 comprammo questa attività che aveva già l’occupazione di suolo pubblico dal 1986. All’epoca fuori dal locale c’erano solo i tavoli, le sedie e i vasi fuori ma l’anno dopo chiedemmo un finanziamento di 35mila euro per metterci una pedana che il Municipio, senza un motivo chiaro, ci ha fatto togliere due anni fa”, racconta Roberta Pepi, figlia dei proprietari deceduti all’improvviso proprio nel 2017. “A me è successo l’imponderabile. Nel giro di pochi mesi ho perso sia mia madre sia mio padre, entrambi attivi nel ristorante, però con la pedana ero convinta di rientrare dei debiti e della tassa di successione in pochi anni”, ci dice la Pepi ancora affranta per il tracollo che ha subìto. Un calo degli introiti del 60% e una drastica riduzione del personale: da 14 dipendenti fissi e due stagionali ad appena 4 in totale. Numeri impressionati causati da una scelta incomprensibile del Pd che amministra il Primo Municipio da 15 anni e che nel corso degli ultimi 9 anni ha punito i ristoratori del centro adottando criteri sempre più restrittivi per i cosiddetti Pmo. Al ristorante “Da Robertino”, per esempio, la pedana è stata tolta perché in via Panisperna, c’è il parcheggio codificato misto. A nulla sono valsi i ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato. “Al Tar ti dicono che sulle strisce blu non ci puoi stare, ma al Consiglio di Stato hanno detto di sì. Basterebbe che, dopo 3 o 4 sentenze, si cambiasse la norma e, invece, c’è un immobilismo totale”, spiega la Pepi. (GUARDA IL VIDEO)

La rabbia dei ristoratori: "Tutta colpa del Pd"

“Al Primo Municipio in un’ora sono stati capaci di deliberare su 53 strade prese assolutamente a caso e anche parecchio distanti l’una dall’altra”, le fa eco Carlo Muzi. Ma ad avere il dente avvelenato contro la burocrazia è anche Vincenzo Casiero, proprietario del ristorante ‘Dal patriota’, in piazza dell’Accademia di San Luca, a pochi metri da Fontana di Trevi, che spiega: “Il Pd da un giorno all’altro ha deciso di tutelare quelli che portano voti, ossia i residenti e non i ristoratori che hanno la residenza altrove”. “Io – aggiunge Casiero - mi trovo a dover pagare il ristorante per un valore che è un decimo di 6 anni fa, quando l’ho comprato. Ora ho 40 posti in meno e non mi concedono l’occupazione di suolo pubblico perché vicino al locale c’è un passo carrabile che, in realtà, è un deposito d’immondizia. Ho dovuto licenziare 12 dipendenti. È assurdo”. Ma a San Pietro i titolari della Fraschetta dell’Angelo, locale aperto in via del banco di Santo Spirito cinque anni fa, hanno scelto di pagare le multe lasciando sia i tavolini sia i dipendenti al proprio posto. “Abbiamo 14 dipendenti, tutti sotto i 30 anni e non siamo capaci di mandar via questi ragazzi…”, ci dice l’amministratrice Ludovica Zappavigna sottolineando il fatto che il locale sorge in un’area pedonale e, quindi, i tavolini non sono di disturbo a nessuno. “L’assurdità – ci spiegano - è che il locale accanto al nostro ha i tavolini perché ha fatto domanda prima che si inventassero i ‘piani di massima occupabilità’ e quindi risulta in regola. Lui sì e noi no”. Ora i prossimi ad essere colpiti dai criteri assurdi dei Pmo saranno i ristoratori delle vie limitrofe al Pantheon. “Il nostro fatturato potrebbe scendere del 40% perché i tavolini all’aperto sono una vetrina per i turisti che passano per le vie del centro”, avverte Matteo Costantini, presidente dell’associazione arti e mestieri di via dei Pastini e via degli Orfani.

Intanto anche piazza Madonna dei Monti è stata privata dei tavolini al punto che solo all'ex first lady Clio Napolitano è stato concesso di fare colazione all'aperto. Chissà se ora la scure della burocrazia targata Pd si avventerà anche su Trastevere e sulla storica via Veneto?

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