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Le accuse a Facebook: "Il suo algoritmo genera contenuti pro islamisti"

I responsabili del celebre social network hanno assicurato che saneranno al più presto le anomalie che stanno caratterizzando l’algoritmo della piattaforma

Le accuse a Facebook:  "Il suo algoritmo genera contenuti pro islamisti"

L’azienda americana Facebook è stata in questi giorni accusata dai media Usa di “sostenere l’estremismo islamico. Tali critiche sono state suscitate da una denuncia avanzata da un dipendente della stessa società tecnologica.

Secondo quanto riporta il servizio radiotelevisivo pubblico statunitense Voice of America, un impiegato del gruppo in questione avrebbe presentato un esporto alla US Securities and Exchange Commission (Sec), autorità federale di vigilanza sugli operatori economici, evidenziando la tendenza della piattaforma social a generare a ripetizione contenuti pro-jihadismo.

Il dipendente di Facebook, trinceratosi dietro l’anonimato, ha segnalato alla Sec il fatto che l’algoritmo alla base del funzionamento di tale social network confezionerebbe in maniera automatica foto e video celebrativi delle stragi compiute dall’Isis. Dopo avere creato i contenuti a sostegno del jihadismo, lo stesso algoritmo inonderebbe la rete con questi ultimi, attuando di fatto una massiccia propaganda a sostegno del Califfato nero.

Oltre a video e foto a favore dell’estremismo, il software che regola il funzionamento della piattaforma social genererebbe da sé anche profili Facebook dedicati ad Al Qaeda, pieni di messaggi di incitamento alla guerra santa contro l’Occidente e di frasi di cordoglio verso i miliziani islamisti morti in combattimento.

Le anomalie di tale algoritmo, spiegano i network americani, potrebbero costare alla società fondata da Mark Zuckerberg una “dura sanzione” da parte della Sec, in quanto il gruppo californiano starebbe “raggirando i propri azionisti e gli operatori dei mercati finanziari”. L’autorità di vigilanza, infatti, sempre a detta degli analisti Usa, non sarà “per niente indulgente” a fronte della condotta fraudolenta di Facebook, consistente appunto nell’impegnarsi formalmente, agli occhi degli investitori e dell’opinione pubblica, contro la diffusione sul web di contenuti pro-islamismo e poi, tramite gli algoritmi, inondare Internet con video e foto a sostegno delle organizzazioni terroristiche.

La denuncia presentata agli organismi di vigilanza dal dipendente anonimo ha subito indotto l’ufficio-stampa dell’azienda capeggiata da Zuckerberg a fornire ai media alcune precisazioni. Tramite una nota, il gruppo californiano ha assicurato di monitorare con estremo rigore la comparsa di contenuti estremistici sulla sua piattaforma social, ma, al tempo stesso, ha ammesso che gli algoritmi e le sequenze di programmazione di quest’ultima possano scontare attualmente delle disfunzioni impreviste”. La società tecnologica ha infine garantito che al più presto eliminerà le anomalie riscontrate nei propri software.

Accuse di “ipocrisia” e “doppiogiochismo” a carico di Facebook, all’indomani della presentazione dell’esposto alla Sec, sono state lanciate dal National Whistleblower Centre, ong che si batte per la promozione del valore della trasparenza.

Tale ente, per bocca del suo direttore generale John Kostyack, ha quindi biasimato l’azienda di Zuckerberg per riempire Internet di contenuti “rivoltanti”, nonostante quest’ultima si proclami formalmente “ostile a qualsiasi forma di fondamentalismo”.

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