Cronache

Mamma Africa, la donna che da anni sfama i migranti nel proprio bar

Si chiama Delia Bonuomo, ha 56 anni, ma ormai la conoscono tutti come “Mamma Africa”. Da tre anni ormai, infatti, il suo bar “Hobbit”, della centralissima via Hanbury, al confine italo francese di Ventimiglia, è diventato un punto di riferimento per centinaia di migranti

Mamma Africa, la donna che da anni sfama i migranti nel proprio bar

Si chiama Delia Bonuomo, ha 56 anni, ma ormai la conoscono tutti come “Mamma Africa”. Da tre anni ormai, infatti, il suo bar “Hobbit”, della centralissima via Hanbury, al confine italo francese di Ventimiglia, è diventato un punto di riferimento per centinaia di migranti che a lei si rivolgono per un aiuto, soprattutto donne e bambini, sicuri di trovare: una brioche, piuttosto che un panino; ma anche un assorbente intimo o un pannolino. “Gestisco questo bar dal 2002 - racconta Delia -. L’ho tenuto un po’, quindi l’ho dato in gestione e l’ho ripreso nel 2015”. Tutto è iniziato per caso.

“Vede, il mio locale sorge proprio dietro la stazione ferroviaria ed è poco lontano dalla Caritas Intemelia. Quando è esplosa l’emergenza umanitaria, hanno cominciato a entrare per chiedere piccole informazioni: la strada per il commissariato o per l’ufficio postale; dove rinnovare il permesso di soggiorno e via dicendo. Un giorno mi hanno domandato un paio di scarpe e da allora mi sono ritrovata ad aiutare centinaia di persone. Tenga, però, presente che non ho aperto il bar con questo scopo: non ero preparata e non facevo parte di associazioni umanitarie o della Croce Rossa. Ho sempre agito col cuore”.

Alla fine, Delia si ritrova ad affrontare, di riflesso, la crescente emergenza umanitaria: “Non potevo, umanamente, girarmi dall’altra parte. Quando una donna aveva bisogno del bagno, di un assorbente o di un pannolino per il proprio figlioletto, non mi tiravo indietro e man mano che passavano i giorni, mi sono attrezzata”. Delia ha sempre agito da sola. Non è sposata e dietro il bancone non c’è quasi mai nessun altro.

“Mi chiamano Mamma Africa, un po’ perché li accudisco come una madre, ma anche perché per loro che sono africani il mio nome è difficile da pronunciare”. Poco per volta, c’è stato il classico effetto tam tam e, nel giro di poche settimane, parliamo soprattutto di un paio d’anni fa, il suo bar si è riempito di stranieri. Tutto bene? Non proprio. La presenza di così tanti migranti ha avuto come prima conseguenza l’allontanamento della clientela italiana.

“Innanzitutto, il bar ha iniziato ad avere seri problemi di sovraffollamento. Molti si fermavano anche sui marciapiedi e per questo lo hanno poi battezzato il "bar dei migranti". Un po’ per il loro timbro di voce molto imponente: sembra che si ammazzano, anche quando dicono che si amano; un po' per la confusione e il fastidio, di chi vuole bere una tazza di caffè in santa pace; senza contare la diffidenza che molti italiani nutrono nei confronti di queste persone, ora mi trovo a faticare per andare avanti”.

Delia è aiutata da decine di associazioni: “Molti vengono qui a mangiare e mi danno una mano, ma non basta. Vedrò che sviluppi ci saranno nei prossimi mesi e nel 2020 tirerò le somme: essendo sola e anche malata, dovrò valutare il da farsi. Queste persone sono ormai diventate i miei ragazzi, proprio come se fossero tutti dei figli adottivi. Sarà perché anch’io sono un’immigrata. Sono nata a Ferrara, ma con i miei genitori di origine calabrese ho vissuto una decina d’anni in Australia, a Melbourne. Poi, negli anni Settanta, in quello che potremo definire il periodo del boom economico, in cui era il lavoro a cercarti, siamo tornati in Italia”.

Oltre ai beni di prima necessità, a molti di loro Delia ha impartito anche un’educazione: “Quando c’era l’esigenza di sgridare i ragazzi, ho dovuto tirare fuori le unghie, per capire chi avesse davvero bisogno di un aiuto e chi, invece, si intrufolava. E considerando la concezione che molti di loro hanno della donna, non è stato facile”.

E così chi utilizzava il bagno, anche per darsi una rinfrescata, doveva poi pulire: “E se non pulivano, chiudevo la porta o trovavo qualche castigo”. Oggi, i migranti sono diminuiti rispetto a qualche anno fa: “e col Decreto Sicurezza di Salvini, circolano soprattutto quelli in regola”. Conclude: “Sono sola a combattere, ma è giusto che ci sia un po’ di umanità, ma dovrò riflettere molto bene, perché il mio problema non è soltanto mantenere un locale.

Ho una nonna anziana da accudire e c’è bisogno anche di uno stipendio”.

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