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Iva, la confessione di Conte: non è facile evitare l'aumento

Poi si corregge: faremo di tutto. E Salvini corre ai ripari: mi rifiuto di alzare l'imposta anche di un solo centesimo

Iva, la confessione di Conte: non è facile evitare l'aumento

Il premier Conte scivola sull'Iva. Davanti all'assemblea di Rete Imprese Italia Giuseppe Conte si lascia sfuggire un'ammissione sul temuto aumento dell'Iva che purtroppo appare sempre più inevitabile visti i disastrati conti del governo. Non far scattare l'aumento dell'Iva l'anno prossimo «non sarà un'impresa facile», dice il presidente del Consiglio che poi cerca subito di correggere il tiro garantendo il massimo impegno dell'esecutivo «ad evitarlo» disinnescando «le clausole di salvaguardia previste». Il danno però è fatto. E infatti il vicepremier Matteo Salvini che parla poco dopo davanti alla stessa platea mette le mani avanti e chiarisce che su questo punto la Lega non arretra. «Mi rifiuto di aumentare l'Iva anche di un solo centesimo: prima va riformato il sistema fiscale», promette il leader del Carroccio infuriato per la gaffe del premier a 10 giorni dal voto europeo.

Passare dalle promesse ai fatti però sarà davvero difficile. Evitare l'aumento dell'Iva appare come una missione impossibile. Sulla prossima manovra di bilancio pesa la spada di Damocle delle clausole di salvaguardia. Se il governo non tira fuori dal cilindro 23 miliardi si attiveranno in modo automatico gli aumenti dell'aliquota Iva: dal 10 al 13 per cento per prodotti alimentari come carne e pesce ma anche per le bollette di gas ed elettricità. E ancora dal 22 al 25,2 per cento sull'abbigliamento ma anche sui prodotti per la casa e gli elettrodomestici. Per evitare la stangata alle famiglie servono coperture alternative.

Oltretutto nell'ultima legge di Bilancio le clausole di salvaguardia sono state sterilizzate il che ha comportato una prospettiva di aumento per l'anno successivo di 9 miliardi che salirà ancora nel 2021 anno in cui sarà necessario reperire 29 miliardi. E delle misure promesse per evitare gli aumenti ancora non c'è traccia.

Conte ieri ha spiegato che il governo sta studiando «una profonda azione di spending review, che riordini la giungla di tax expenditures che complicano la struttura del nostro sistema fiscale e potenzi gli sforzi nella lotta all'evasione fiscale». Conte le ha definite sfide complesse ma forse avrebbe fatto meglio a definirle impossibili perché ancora una volta i conti non tornano.

Ad esempio due giorni fa il vicepremier, Luigi Di Maio, parlando di evasione fiscale ha sparato la cifra di 300 miliardi di euro che dunque in teoria sarebbero recuperabili. Peccato che il ministero dell'Economia abbia calcolato l'evasione fiscale e contributiva del nostro Paese per un valore di circa 107 miliardi euro ovvero meno della metà della cifra sparata da Di Maio.

Un risultato positivo lo scivolone di Conte lo ha ottenuto. Il riconoscimento di aver detto la verità da parte Massimiliano Dona, presidente dell'Unione nazionale consumatori. «Finalmente qualcuno che nel governo la smette con gli slogan e la propaganda e sta con i piedi per terra», dice Dona che però poi aggiunge di temere «che il ravvedimento sia tardivo». Assai improbabile che «dalla spending review e dalla lotta all'evasione si possano trovare in così breve tempo 23,1 miliardi» prosegue Dona che ricorda pure come nel Def siano stati «stimati per il 2019 incassi da privatizzazioni pari a 17,8 mld». Peccato che di quelle privatizzazioni «non vi è ancora traccia».

Più probabile quindi lo scenario peggiore: aumento delle tasse e taglio dei servizi a cominciare dalla sanità.

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