Cronache

"350 euro al mese per 9 ore al giorno": è bufera sull'annuncio di lavoro

Stipendi miseri e guadagni vicino allo zero. Ecco il nuovo capolarato che offrono alcuni datori di lavoro

"350 euro al mese per 9 ore al giorno": è bufera sull'annuncio di lavoro

Capita che chi cerca lavoro sia costretto ad accettare qualunque offerta, ma capita anche che qualcuno se ne approfitti sfruttando proprio la necessità di liquidità economica di chi versa in difficoltà. Succede che a Bagheria, grosso comune a pochi chilometri da Palermo, un negozio sia alla ricerca di commessi per ampliare il proprio personale. Nulla di strano, se non fosse che la paga mensile ammonti a 350 euro al mese per lavorare da lunedì al sabato dalle 9 alle 13 e il pomeriggio dalle 16 alle 20. Domenica riposo? Macché, si lavora lo stesso ma ad orario ridotto: dalle 9 alle 13. Per chi volesse accettare la proposta, c’è una settimana di prova. Ovviamente non retribuita.

In realtà non è il primo caso. Sul web fioccano decine di annunci di lavoro quantomeno dubbi. Un negozio di abbigliamento offre ai propri futuri dipendenti l’occasione di lavorare a 90 euro a settimana: sei giorni su 7, dalle 8 alle 20 con due settimane di prova non retribuite. Scorrendo gli annunci capita di imbattersi nella richiesta di venditori porta a porta di ogni genere. Da qualche anno le file dell'esercito dei precari si è ingrossato grazie ai rider per il trasporto di cibo a domicilio.

Sempre più spesso invece, capita che le offerte arrivino direttamente per lavorare nei call center. Nel nuovo caporalato fanno parte, donne e uomini non più giovanissimi, per lo più laureati che, ogni giorno, chiamando al telefono liste di migliaia di nomi, cercano di portare a casa uno stipendio. Nella maggior parte dei casi però, più che un lavoro si tratta di una vera e propria impresa ardua e il più delle volte si attesta intorno ai 200 o 300 euro al mese, per sei ore di lavoro giornaliero. A Palermo sono un esercito di tremila persone, il 30 per cento circa dei circa degli 8-10 mila operatori dei call center.

Emblema della nuova precarietà nella precarietà.

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