Cronaca locale

Ovada, verde terra di mezzo che ha inventato il Dolcetto

Merita un'escursione il borgo alessandrino dove si fondono le migliori tradizioni enogastronomiche

Ovada, verde terra di mezzo che ha inventato il Dolcetto

Alla congiunzione di Stura e Orba, tra le colline di Gavi e Acqui Terme, Ovada è un fondamentale crocevia - da Vadum, cioè guado - di rotte commerciali che, nei secoli, ha ricevuto influssi genovesi e piemontesi che il Viaggiatore Goloso riconosce in cucina dove si mischiano con gioia agnolotti piemontesi e corzetti liguri con salsa di noci o pesto, nel fritto misto di terra nella cima genovese, nella battuta di carne cruda e nel coniglio con le olive. Lo stoccafisso è preparato al verde, ma accomodato secondo la ricetta zeneise. E poi c'è lo street food locale, la farinata «bela cauda» che viene da oltre Appennino. Tipica di Ovada è anche la «perbuireira», particolare pasta e fagioli valorizzata dal soffritto di aglio e olio extravergine d'oliva.

Tutte queste prelibatezze, specie quelle più corpose, vengono valorizzate dalla ragione per cui ci troviamo qui, cioè il Dolcetto Ovada DOCG. Il 2019 è l'anno del Dolcetto in Piemonte e qui venne riconosciuta la prima Doc di questo vino nel 1972. Ma le prime tracce della coltivazione risalgono al 1200. Italo Danielli rivendica la grandezza di questo vino prodotto in 100 mila bottiglie da 50 aziende, il 70 per cento associate nel Consorzio di cui è il presidente e che ha sede nel palazzo dell'Enoteca Regionale di Ovada e del Monferrato, punto riferimento del buon bere: «Per troppo tempo considerato un vino facile, può stare al fianco dei grandi rossi piemontesi». Concordiamo. Le uve Dolcetto sono coltivate in 22 comuni collinari dell'Alto Monferrato Ovadese e immediati dintorni, tra Acqui e Gavi, dagli Appennini verso la valle del Po a un'altitudine di 200-400 metri. Il vento marino arricchisce il vitigno di sapidità e mineralità e contribuisce alla sua forza e robustezza.

Dopo all'Enoteca Regionale di Ovada, e un passaggio alla non distante Casa del Formaggio per una spesa di ottimi prodotti locali e non, eccoci alla pasticceria Bottaro e Campora per un cappuccino, un caffè, un aperitivo, accompagnati da sfizi dolci o salati. Scegliamo i Marcellini, i baci di dama con la nocciola tonda e gentile, i biscotti Rondò e Mescolanza, ideali per le colazioni e gli Splinsiugni d'Uò (pizzicotti di Ovada), amaretti morbidi dalla crosticina fragrante. Per il pranzo ecco la Pignatta dove troviamo conferma di quanto raccontato, cioè il mix di suggestioni liguri e piemontesi: vitello tonnato, pasta e fagioli, trenette al pesto, stoccafisso in umido. Altro indirizzo sicuro è l'Archivolto con la perbuireira accanto ai ravioli al sugo d'arrosto, la cima accanto al polpo arrostito, il Castelmagno con il miele accanto allo stoccafisso, il bollito misto accanto alla calamarata con baccalà. Per digerire il tutto, uno dei gelati di una volta della gelateria Lung'Orba attenti alle materie prime e lontani da chimica e aromi non naturali.

Tra le ricchezze del territorio ci sono i castelli, ben 19. Ogni paesino abbarbicato su un colle ha il suo. Ne visitiamo due. Quello di Lerma (secolo XV) affacciato sul torrente Piota la cui torre cilindrica risale al XII sec.

Da ricordare anche la piccola Chiesa romanica dedicata a S. Giovanni Battista. Il maniero venne realizzato da Luca Spinola: lo stemma della famiglia genovese è visibile sulla parete est della torre. Rocca Grimalda sorge sulla sommità di uno sperone roccioso, a controllo delle strade tra l'Oltregiogo ovadese e la pianura alessandrina. Un'altra storica famiglia di patrizi genovesi, i Grimaldi, lo acquistarono nel 1570 e vi tennero la residenza per più di duecento anni.

Altra particolarità dell'Ovadese sono i torrenti balneabili. In queste zone del Piemonte il bagno al fiume è una tradizione antica. Il torrente Piota è caratterizzato da rocce che formano dei trampolini naturali e da piccole spiagge di sassi. Ma ognuno di questi corsi d'acqua offre delle sorprese. E dopo le fresche e dolci acque, per scaldarci, sulla via del ritorno, sosta rigenerante a Capriata D'Orba.

Ai tavoli del Moro, in un palazzo del Seicento, non ci tratteniamo: sformato di peperone con l'acciuga, carne di Fassone battuta al coltello, agnolotti nei tre modi, gnocchi alla robiola di Roccaverano. La cima, immancabile, poi i salamini con patate e rosmarino. Per chiudere selezione di formaggi e semifreddo alla nocciola e zabaione al moscato.

Allegria di perdersi tra Ovada e dintorni.

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