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"Qui c'è lo zampino del M5S". Si scatena la guerra tra alleati

Il gioco di sponda fra Conte e Di Maio mira a indebolire l'alleato. Le preoccupazioni del Quirinale e il ruolo di Tria

"Qui c'è lo zampino del M5S". Si scatena la guerra tra alleati

I destini del governo gialloverde si infrangono sulla prua della Sea Watch. Quella di Matteo Salvini contro gli sbarchi e le Ong è diventata una guerra totale che ieri è esplosa in un drammatico conflitto sia politico tra Lega e M5s sia istituzionale tra Viminale e Procura. Mentre Salvini ordinava «niente sbarchi» Guardia di finanza e Guardia costiera portavano a terra i migranti per ordine della magistratura.

La Sea Watch ormeggiata a poche centinaia di metri da Lampedusa ha messo a nudo ancora una volta non soltanto la contrapposizione politica tra il ministro dell'Interno e i suoi alleati di governo grillini ma anche quella istituzionale con la magistratura e le Forze armate, alzando il livello dello scontro a una settimana dalle elezioni europee. Un clima avvelenato che preoccupa una volta di più il Colle che ha seguito con attenzione tutto il crescendo del confronto tra Salvini e la procura di Agrigento. La Sea Watch intrappolata in un limbo a poche centinaia di metri da Lampedusa, finiva per rappresentare uno scomodo monumento all'incapacità dell'esecutivo di trovare una linea comune, un protocollo di condotta che una volta per tutte permetta di risolvere in tempi brevi situazioni analoghe che si ripetono ogni volta con lo stesso copione mandando in tilt il governo. E come in passato la situazione in stallo preoccupava sia Palazzo Chigi sia il Quirinale. Ore frenetiche: il Viminale sbarra la strada a qualsiasi ipotesi di sbarco mentre dietro le quinte il premier, Giuseppe Conte, cerca una via d'uscita che non comprometta definitivamente l'alleanza di governo anche se la scelta di Salvini è lontanissima da quella dell'altro vicepremier il grillino, Luigi Di Maio, che chiede garanzie di collaborazione da parte dell'Europa sull'accoglienza ai migranti ma non parla e non ha mai parlato di porti chiusi. La situazione diventa insostenibile con i migranti stremati che minacciano il suicidio e azioni di autolesionismo mentre la Federazione delle Chiese Evangeliche si offre di accogliere i migranti. E allora non resta che forzare la mano: la Sea Watch viene sequestrata dalla Guardia di finanza su ordine dell'autorità giudiziaria che ipotizza il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Esattamente il reato che Salvini ha sempre contestato alle Ong. Il leader del Carroccio è contento? Assolutamente no.

Fonti di governo grilline smentiscono che qualche ministro del Movimento 5 Stelle abbia «aperto i porti», mentre Dal Viminale arriva un comunicato di fuoco per ribadire che Salvini «continua e continuerà a negare lo sbarco da quella nave fuorilegge». Certo il ministro dell'Interno, precisa la nota «si aspetta provvedimenti nei confronti del comandante della nave, dal quale è lecito attendersi indicazioni precise sui presunti scafisti presenti a bordo». Ma non solo. Il leader del Carroccio evoca la questione sicurezza ovvero la necessità di difendere «i confini nazionali» dall'«ingresso di un gruppo di sconosciuti». Farli entrare, avverte Salvini, deve essere una «decisione della politica che è espressione della volontà popolare» e non di «magistrati e Ong straniere». Il sequestro è un modo per sbloccare la situazione e portare i migranti a terra con le motovedette della Guardia costiera. Non a caso l'operazione è stata condotta dalla Guardia di finanza che dipende direttamente dal ministro dell'Economia (ovvero da Giovanni Tria) e fa parte delle Forze armate. Chi ha ordinato il sequestro? Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, ovvero lo stesso che ha indagato Salvini per il caso Diciotti.

E il leader del Carroccio si dice pronto a denunciare a sua volta chiunque contribuisca allo sbarco dei migranti, anche «organi dello Stato».

Io dice «vado fino in fondo».

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