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Cambiamo il cambiamento

Cambiamo il cambiamento

Ieri abbiamo cercato di spiegare perché bisogna andare a votare per un'Europa migliore, più libera e più solidale di quella attuale. Ma c'è un altro motivo per non disertare le urne che riguarda direttamente l'Italia. Lo riassumerei così: «Cambiamo il cambiamento», che non è un tornare indietro, ma un andare avanti.

Si diceva infatti che questo fosse il «governo del cambiamento», e vista la novità e l'inedita composizione, sulla carta avrebbe anche potuto esserlo. Non ci avrei scommesso un euro, ma in teoria, se avesse funzionato, avrebbe potuto rappresentare una svolta. È passato un anno dal suo insediamento e tutti, dico tutti, gli indicatori economici e sociali sono peggiorati e neppure di poco. E come se non bastasse, tutte le previsioni dicono che la situazione non può che peggiorare. Bisogna quindi essere masochisti per continuare a dare fiducia a persone che non si sono dimostrate all'altezza dell'aspettativa e a formule politiche ed economiche annunciate come miracolose ma alla prova dei fatti fallimentari.

I «cambiamenti» sono come le ciambelle, ci sono quelli che non riescono col buco e risultano quindi indigesti. Domenica nelle urne abbiamo l'occasione di rimediare e infornare una ciambella come si deve, o meglio secondo la ricetta tradizionale. Il compito per noi liberali è di reintrodurre nella giusta dose quegli elementi che sono mancati alle Politiche del 4 marzo scorso: competenza, esperienza, moderazione. Silvio Berlusconi e Forza Italia ancora rappresentano tutto questo e se sostenuti adeguatamente nelle urne possono essere i compagni di viaggio perfetti per un Matteo Salvini degrillizzato.

Pensiamoci bene prima di gettare il bimbo con l'acqua sporca, perché alla sentenza di domenica sera non seguirà un appello. In questo anno abbiamo provato che cosa vuole dire essere governati da persone illiberali, invidiose e rancorose nei confronti di ciò che siamo e rappresentiamo.

Non so voi, ma io non ho dubbi. Silvio Berlusconi ha saputo cavarci le castagne dal fuoco ai tempi di Occhetto, di Prodi e di Bersani.

Non sono più quei tempi, d'accordo, ma non vedo in giro paracaduti più sicuri: cambiamo il cambiamento.

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