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Lega, due giorni di tregua Ma i governatori del Nord sono tutti con Giorgetti

Fontana, Zaia e Fedriga vogliono mollare M5s Molto dipenderà dal voto. L'asticella del 30%

Lega, due giorni di tregua Ma i governatori del Nord sono tutti con Giorgetti

Al redde rationem mancano ormai 48 ore. E, al di là dello stucchevole scambio quotidiano di recriminazioni e insulti tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il clima che si respira nella maggioranza è quello di un'attesa inquieta. Il risultato che uscirà dalle urne domenica, infatti, potrebbe incidere in maniera determinante sia sulla tenuta della maggioranza gialloverde che dei due partiti che la sostengono. Soprattutto per quanto riguarda la Lega. A questo punto, dunque, meglio aspettare.

Lo sanno bene a via Bellerio. Dove nelle ultime ore le voci che chiedevano di mollare il M5s si sono andate affievolendo. Non perché in Lega la convinzione che continuare a governare con Di Maio sia una sciagura abbia perso sostenitori. Ma perché in tutti c'è la consapevolezza che se Salvini toccherà quota 30%, il suo sarà un successo pieno e soprattutto personale. Al punto da zittire qualunque malumore. Ecco perché ormai i riflettori sono puntati sugli exit pool e le prime proiezioni di domenica notte, per capire davvero che margini ci sono per convincere il leader del Carroccio a far saltare il banco. Su questa posizione, infatti, restano saldamente i tre governatori del Nord. La Lombardia di Attilio Fontana, il Veneto di Luca Zaia e il Friuli Venezia Giulia di Massimiliano Fedriga contano quasi 17 milioni di abitanti. E in tutte queste regioni l'insofferenza della base del Carroccio verso l'autoproclamato «governo del cambiamento» è tangibile. Al punto che i tre - che governano grazie a maggioranze di centrodestra - iniziano a far fatica a frenare il nervosismo di elettori e mondo delle imprese, irritate dall'immobilismo dell'esecutivo sul fronte economico. Tra i grandi scettici, ovviamente, resta Giancarlo Giorgetti, anche ieri vittima del fuoco di Di Maio. «Pensasse meno alle poltrone e più al Paese», gli ha mandato a dire il vicepremier grillino dopo aver bollato come «stronzate» le uscite di Salvini sull'abuso d'ufficio. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha preferito non replicare, ma le sue convinzioni sulla necessità di staccare la spina restano immutate. «Matteo, hai sbagliato a non farlo a febbraio sulla Tav», avrebbe ripetuto più volte in privato al leader della Lega. Con cui il clima si sarebbe molto raffreddato, a differenza di quanto racconta chi è convinto che il loro sia un gioco delle parti. Certo, Giorgetti non si metterà mai contro Salvini, perché non è nel carattere del personaggio, che prima con Umberto Bossi e poi con Roberto Maroni è sempre stato fedele consigliere di tutti i leader della Lega. Ma la distanza tra i due è tangibile e politicamente profonda. Giorgetti resta un fiero autonomista, convinto che il Carroccio non debba trascurare le ragioni del Nord nella sua trasformazione in partito nazionale. E su questo punto il solco - lo confermano Fontana, Zaia e Fedriga - si sta allargando. Per non parlare delle relazioni internazionali, visto che il sottosegretario guarda decisamente più verso Washington che a Mosca.

La palla, però, è nelle mani di Salvini. E quanto più la Lega sfonderà quota 30%, tanto più il ministro dell'Interno continuerà ad essere un uomo solo al comando. E solo in capo a lui, dunque, sarà la decisione di staccare o no la spina al governo. Se il successo, invece, non dovesse essere quello sperato, allora Salvini potrebbe essere costretto a sedersi al tavolo con i suoi colonnelli e ascoltare le ragioni di chi da mesi gli dice che i punti persi nei sondaggi che a marzo lo quotavano intorno al 35% sono da attribuirsi proprio all'insofferenza del Nord produttivo.

Ecco il perché dell'attesa. Continuare a pressare Salvini rischia infatti di essere controproducente. In Lega, d'altra parte, sanno bene che il leader non è avvezzo al dissenso. Al punto che i tanti deputati e senatori che nell'ultimo mese sono andati a trovare Bossi nella struttura dove fa riabilitazione dopo l'ultimo malore lo hanno fatto guardandosi bene dal farlo sapere in via Bellerio. Compreso il governatore Fontana.

Casomai Salvini non gradisca.

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