Cultura e Spettacoli

Se "fascista" non basta, l'avversario è "nazifascista"

Se "fascista" non basta, l'avversario è "nazifascista"

M ussolini espulso dal partito socialista per aver scelto l'entrata in guerra, come Palmiro Togliatti futuro leader comunista e Pietro Nenni futuro leader socialista (era repubblicano) seguitò a maledire il capitalismo, e la borghesia cui tolse il privilegio del «lei». Persino il tono della voce mussoliniana costruita sulla comunicazione radiofonica, così scandita, perentoria con pause ed enfasi teatrali apparteneva a un modello retorico che fece scuola. Eppure oggi, chiunque tenti di esprimersi in modo netto e non tormentato dal dubbio (esaltato oggi come una virtù civica) si vede applicare il marchio di fascista.

Secondo i repubblicani americani, il fascismo fu un socialismo di Stato da combattere perché nemico del libero mercato e alla libera circolazione di beni, merci e idee: il radicalismo repubblicano considera alla stessa stregua Mussolini Hitler Stalin Mao e per estensione Barack Obama. Questo genere di politici, secondo la destra americana, commette o tende a commettere gli stessi orrori della ingegnerizzazione della società con eliminazione di etnie, spostamenti di etnie e soppressioni di una intera classe sociale: la sorte dei kulaki russi o contadini ricchi, fucilati per famiglie nella misura di sei milioni nel 1929-1930 provocò episodi di cannibalismo da cui la celebre sintesi secondo cui «i comunisti mangiavano i bambini». I socialismi venivamo da un ceppo nordeuropeo, svedese in prevalenza, che comprendeva l'eutanasia per i malati mentali, l'eliminazione dei «parassiti della società dei lavoratori», la soppressione di neonati malati o deformi, alimentazione vegana, proibizione del fumo di tabacco (Hitler era vegetariano e non tollerava fumatori intorno a sé). E anche un sistema assicurativo che garantisse ogni vita dalla culla alla bara. La celebre cineasta tedesca Leni Riefensthal, che Hitler adorava quasi quanto Biancaneve e i sette nani di Walt Disney, fu accusata di propaganda nazista il che è verissimo, ma i suoi documentari erano esaltazioni del proletariato tedesco al massimo dell'occupazione. Stalin spostava e uccideva popoli, Hitler anche, ma il fascismo italiano non si caricò di colpe del genere e semmai protesse gli ebrei francesi che gli zelanti francesi filo-nazisti spedivano ad Auschwitz. Le leggi razziali del 1938 furono infami proprio perché gli ebrei italiani, fascisti per la maggior parte, subirono uno shock da tradimento.

L'uso attuale dell'aggettivo «fascista» non ha dunque più nulla a che vedere con la storia. Per le femministe radicali anti-uomo, ogni maschio è un fascista genetico e sono fascisti tutti coloro che mostrano atteggiamenti netti, senza ma. Così Bettino Craxi, decisionista, è stato disegnato come Mussolini da Giorgio Forattini e Salvini è considerato fascistoide per il modo tagliente delle sue comunicazioni. Cinquant'anni fa si mantenevano separati gli aggettivi: nazista e fascista, che nel lessico resistenziale diventarono i «nazifascisti». Durante la guerra civile i nazifascisti erano però quasi sempre i tedeschi della Wehrmacht come nella celebre canzone Ma mi di Giorgio Strehler («gh'era el todèsch de la Wermàcht, me fa paura sol al pensar»). Fino agli anni Settanta si dava del fascista ai fautori dei regimi militari, benché il fascismo, come il nazional-socialismo o il bolscevismo non fossero regimi militari, ma di mondi militari sottomessi al regime politico. L'attentato a Hitler del 20 luglio 1944 (Operazione Valchiria) fu l'unico esempio di resistenza tedesca al nazismo, e fu attuato da duecento congiurati militari dell'aristocrazia tedesca capeggiati da Claus von Stauffenberg, tutti impiccati. In Italia il Duce era il capo delle Forze armate, che in parte lo snobbavano: la Marina militare e Carabinieri erano fedeli al re e il re organizzò un colpo di Stato nella notte fra il 24 e il 25 luglio 1943 con cui, unico caso nella Storia, un dittatore fu dimesso dopo un voto di sfiducia.

Ai giorni nostri abbiamo sentito dare del fascista a un insegnante di matematica che pretendeva la dimostrazione del teorema di Pitagora con lingua precisa e logica perché la nuova ideologia politicamente corretta detesta le idee «chiare e distinte». Fino agli anni Novanta esisteva un'equa divisione fra gli aggettivi «fascista» e «nazista», con una certa divstinzione di significati: se fascista voleva dire autoritari con la mania dei treni in orario, l'aggettivo nazista indicava la Shoah e Auschwitz. I fascisti erano descritti dai loro stessi intellettuali come ridicoli e magniloquenti, ma non confrontabili con i nazisti tedeschi. Oggi, al primo ragazzino che si dichiara fascista, gli si chiede conto dei crimini di Hitler. Basterebbe rileggere il Lungo viaggio attraverso il fascismo di Ruggero Zangrandi per rendersi conto del travaso e dei buchi neri nella memoria. Nel quotidiano comunista Paese Sera Palmiro Togliatti aveva reclutato i più begli ingegni del giornalismo e dell'intellighenzia fascista, passati con sincero entusiasmo sotto le bandiere del Pci. Un'operazione analoga fu condotta da Antonello Trombadori, artista e dirigente partigiano, che traghettò tutti i pittori e scultori fascisti nel Pci. Ed erano praticamente tutti, salvo Carlo Levi e Mario Mafai, a causa delle leggi razziali

Nel «Lincoln Memorial» di Washington DC la statua del Presidente è su un trono di grandi fasci littori. Tutta l'architettura post rivoluzionaria americana è piena di fasci littori perché questo simbolo fu importato dalla Rivoluzione francese dai coloni ribelli che volevano imporre il principio del «No taxation without representation»: non paghiamo tasse se non possiamo controllare come sono spesi i nostri soldi. Anche in Italia il simbolo del fascio littorio era rientrato attraverso la simbolistica francese ispirata alle virtù della Roma repubblicana. Mussolini creò il treno veloce precursore della Tav chiamandolo Littorina da fascio littorio e forse questa versione ferroviaria è stata la più resistente. In Italia c'erano stati i Fasci siciliani socialisti e Mussolini, che si riteneva un socialista rivoluzionario, scelse quel simbolo perché si sentiva (lo scriveva sul Popolo d'Italia) sentimentalmente socialista. La Prima guerra mondiale rappresentò la fine dell'internazionalismo socialista: quando la parola passò ai cannoni, i socialisti tedeschi si schierarono con la Germania e così fecero gli altri con le loro patrie. In quel momento la mappa astrale della destra e della sinistra, che oggi usiamo, non avrebbe avuto alcun senso. Lenin, Mussolini, Togliatti, Nenni, vedevano nella guerra l'unica occasione per spazzare via la lobby dei monarchi, un clan di trecento consanguinei che si spartivano il mondo con guerre e matrimoni. Il mondo che uscì dalla guerra conteneva meno corone e più socialismo autoritario, dalla Russia sovietica all'Italia fascista. Tuttavia quel nuovo mondo era stato rappezzato come un Frankenstein dal presidente americano Woodrow Wilson. In Italia la vittoria mutilata, come la chiamò D'Annunzio, diventò presto guerra civile: ho la testimonianza di mia madre, bambina allora di dieci anni che vedeva alla finestra nel centro di Roma gli scontri armati fra camicie blu nazionaliste, camicie rosse socialiste, camicie nere mentre si sviluppava la gara sportiva della scelta del morto da tumulare come milite ignoto nel Vittoriale, con una corsa a premi fra le madrine delle salme candidate. Tutta la storia tra la due guerre è rimasta intrappolata insieme con le sue parole e i suoi aggettivi, sequestrata sia nelle scuole che in televisione, dove si celebrano quasi esclusivamente gli orrori dei vinti, senza dire nulla su quel che accadeva nei gulag sovietici, legittimatori dei comunisti, a loro volta legittimatori della guerra di Resistenza, ma soltanto dopo il voltafaccia di Hitler che pugnalò l'alleato Stalin. La pagina è tuttora tabù. L'idea di Wilson e del presidente francese George Clemenceau era castigare la Germania mutilandola e sottoponendola a una sottomissione militare francese ciò che spiega in parte il successo di Adolf Hitler. Mentre Mussolini, costretto a rinunciare al simbolo socialista del sole nascente, con i comunisti che nel 1921 adottavano l'attrezzeria russa della falce e martello, rilanciò il fascio littorio della Rivoluzione Francese che già faceva parte del magazzino. Quando l'intellettuale repubblicano Denish D'Souza presentò un anno fa un libro alla Cnn in cui spiegava che Mussolini era stato un leader dell'estrema sinistra, il bravo anchorman della CNN sbarrò gli occhi e chiese in un sussurro: «Mussolini era di sinistra?». Che dire? Dipende dal contesto. Ma la metamorfosi ormai è avvenuta e il neo aggettivo gode di neoplasia propria, un po' come il fallo sesquipedale delle commedie plautine che svolazzava per conto suo, ingravidando vergini ed entusiasmando le platee.

2-fine. La prima puntata

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