Dopo la conferma delle elezioni anticipate, adesso arriva l’ufficialità della data: in Grecia si torna alle urne il prossimo 7 luglio, questa volta per eleggere il nuovo parlamento la cui legislatura ha una durata di quattro anni. Si tratta della sesta volta consecutiva che il paese ellenico si ritrova a dover fare i conti con elezioni anticipate: nel 2007 e nel 2009 si va al voto per la caduta dei governi di Nuova Democrazia, nel 2012 dopo la fine dell’esecutivo tecnico durante i primi anni di austerity, nel 2015 a seguito della mancata elezione di un nuovo presidente della Repubblica, infine nello stesso anno si ritorna a votare dopo appena pochi mesi per la caduta del primo governo di Tsipras.

Lo scenario che porta alle elezioni anticipate

Il fatto che la Grecia sia costretta oramai da più di un decennio a ricorrere ad elezioni anticipate, dimostra l’instabilità del paese figlia a sua volta di una crisi economica e sociale che non vede vie d’uscita. Dal 2009 Atene affronta piani di salvataggio voluti dalla cosiddetta troika (Ue, Fmi e Bce), i quali prevedono tagli sulla spesa pubblica ed aumenti della tesse che nel giro di pochi anni riducono la Grecia sul lastrico. Piani che adesso risultano terminati, ma le cui conseguenze sono ben visibili: decadimento della sanità pubblica, svendita di tutti gli asset produttivi, capacità di spesa delle famiglie ridotta al minimo, aumento dei suicidi e delle malattie indotte da problemi depressivi e psicologici. Un contesto terribile, che porta sotto il profilo politico ad importanti scossoni.

Nel gennaio 2015 Alexis Tsipras, leader della lista di sinistra Syriza, per la prima volta dalla caduta dei colonnelli interrompe l’alternanza tra i due partiti tradizionali ellenici: il Pasok da una parte e Nuova Democrazia dall’altra. Tsipras arriva al potere con la promessa di sospendere i piani di austerity e ricominciare ad investire nuovamente nel sociale. Nel luglio 2015 un referendum da lui stesso voluto boccia l’ennesimo piano di rientro, con i greci che credono di essersi messi alle spalle le riforme della troika. Così non è, con Tsipras che convoca nuove elezioni nel settembre dello stesso anno, da cui ne esce vincitore nonostante l’applicazione delle misure in parte volute dai predecessori.

La sua maggioranza, puntellata dai deputati dei Greci Indipendenti, è risicata ma tiene per quasi tutti gli anni della legislatura. La crisi si registra nel gennaio di quest’anno, quando proprio i Greci Indipendenti escono dall’esecutivo per protestare contro la ratifica del trattato di Prespa, in cui si riconosce la denominazione di Macedonia del Nord al confinante Stato balcanico. Una circostanza questa, che gli ex alleati di Tsipras vedono come un vero e proprio tradimento ai valori nazionali greci. Pur tuttavia, grazie al “soccorso” di alcuni deputati, Tsipras ottiene nuovamente la fiducia del parlamento. Ma ad Atene da settimane in tanti scommettono sulla fine anticipata anche di questa legislatura, la cui scadenza naturale è prevista ad ottobre. Ed in effetti, a causa della netta sconfitta elettorale di Syriza nelle ultime europee, lo stesso Tsipras annuncia la richiesta al presidente della Repubblica di elezioni anticipate.

Lo scenario in vista del 7 luglio

Ad annunciare ufficialmente la data del voto, è il portavoce del governo greco Dimitris Tzanakopoulos: così come riporta AgenziaNova, il portavoce dichiara alla radio ellenica Alpha la scelta del 7 luglio come giorno del voto da parte di Tsipras. Inizialmente la data sembrerebbe quella del 30 giugno ma, come spiega lo stesso Tzanakopoulos, si preferisce la domenica successiva per non interferire con i previsti esami di ammissione alle università. In realtà l’opposizione di Nuova Democrazia crede che il rinvio sia dovuto per dare al governo la possibilità di nominare il nuovo presidente ed il nuovo procuratore capo della Corte Suprema, i cui mandati scadono proprio il 30 giugno.

Nuova Democrazia, partito di centro – destra al potere tra il 2004 ed il 2009 e tra il 2012 ed il 2015, è la formazione politica più accreditata per la vittoria elettorale nelle elezioni del 7 luglio. Il partito vince le scorse europee, ottenendo il 34% dei consensi, a fronte del 23% di Syriza. Il suo leader, Kyriakos Mitsotakis, è quindi contestualmente il favorito alla successione di Tsipras. Ma non è tutto così né scontato e né tanto meno semplice. Nuova Democrazia infatti non dovrebbe avere la maggioranza assoluta, nemmeno con il premio previsto dalla legge elettorale greca per il partito vincitore. Dunque Mitsotakis deve formare, in caso di maggioranza relativa, un esecutivo di coalizione. Il problema emerso dalle europee da questo punto di vista, è che dietro il duo Nuova Democrazia – Syriza, vi è sostanzialmente un abisso: il terzo partito, corrispondente ad una coalizione di centro – sinistra guidata dal Pasok, domenica ottiene soltanto il 7.2%. Subito dietro vi sono i comunisti del Kke con il 5.75% ed i militanti di estrema destra di Alba Dorata che non arrivano al 5%. Difficile dunque dire, valutando come base il voto delle europee, con chi Mitsotakis può allearsi per arrivare ad almeno 151 deputati, soglia minima nella camera greca composta da 300 membri per avere la maggioranza assoluta.

In poche parole, se da un lato appare probabile il ritorno del principale partito di centro – destra quale formazione più votata alle prossime elezioni, dall’altro non è detto che Mitsotakis sia in grado di formare un governo. Di conseguenza, con la percentuale oltre il 20% della “sua” Syriza, Tsipras potrebbe ancora avere un peso importante e potrebbe non essere così scontata la fine della propria esperienza politica.