L’Isis non è affatto sconfitto e questo purtroppo si sa: la fine dello Stato Islamico e di un vasto territorio sotto il diretto controllo delle bandiere nere, non coincide con la fine dell’ideologia jihadista e né tanto meno con il tramonto dell’organizzazione terrorista. Ma ciò che colpisce nelle ultime settimane, riguarda l’attività di cellule isolate ma ancora attive dell’Isis sempre tra Siria ed Iraq, che ora agiscono con tattiche di guerriglia che mettono ancora sotto scacco la popolazione.

A fuoco numerosi campi coltivati

Piuttosto che pianificare strategie militari e gestire il territorio come una vera e propria nazione, il depotenziato Isis sta trovando nuove forme per manifestare la sua funesta ed ingombrante presenza dei territori precedentemente occupati. In particolare, i miliziani danno fuoco a numerosi campi coltivati sia in Siria che in Iraq. Tra le province di Deir Ezzor e Raqqa, le più orientali della Siria, e quella di Ninive ed Al Anbar in Iraq, nelle ultime settimane vanno a fuoco ettari di campi. Non si tratta di attentati con autobomba od assalti militari, ma l’effetto sulla popolazione è ugualmente devastante: gente che in anni di guerra prova a ripartire coltivando la propria terra, vede andare letteralmente in fumo ogni speranza. Tra le sponde dell’Eufrate soprattutto, lì dove si concentra la gran parte della superficie coltivabile della zona, il danno economico prodotto dagli incendi dei miliziani dell’Isis è enorme.

Per i terroristi poi, come sottolinea Francesco Bussoletti su La Stampa, ci sono indubbi vantaggi tattici da una strategia del genere. Si tratta infatti di azioni a costo zero, che basta compiere gettando alcune taniche di benzina su terreni la cui natura tendenzialmente arida alimenta in fretta le fiamme. Per di più, le zone colpite sono territori periferici sia della Siria che dell’Iraq, dove non vi è la presenza di squadre di Vigili del Fuoco o di autorità in grado di intervenire nelle emergenze. Le province orientali siriane sono infatti in mano all’Sdf, la coalizione a guida curda supportata dagli Usa, in Iraq le l’Isis opera in zone remote in cui il governo di Baghdad fatica a mantenere il controllo.

Su Amaq e sui siti vicini all’Isis, gli incendi degli ultimi giorni vengono rivendicati e si incita a bruciare sempre più “campi degli infedeli”. Intere comunità rimangono senza cibo e scorte di viveri proprio perchè interessate dalle fiamme appiccate dai terroristi. Questo comporta maggiore disperazione di una popolazione ancora più allo stremo, così come un maggiore impiego delle già esigue forze dell’Sdf o delle milizie vicine a Baghdad. Una dispersione di uomini e mezzi destinata ad avvantaggiare tatticamente l’Isis.

La situazione militare tra Siria ed Iraq

Il califfato cerca sia di vendicarsi, che di frenare le azioni degli eserciti nemici. Sia le forze Sdf che quelle del governo di Baghdad, appaiono impegnate nelle operazioni di rastrellamento delle sacche dell’Isis ancora presenti a cavallo tra i due paesi. In Siria i filo curdi setacciano le zone dell’Eufrate per scovare i miliziani scampati all’assedio di Baghouz, ultima roccaforte dello Stato Islamico. Nei territori ad ovest del fiume, controllati dall’esercito di Damasco, i governativi invece provano a stanare i gruppi jihadisti rimasti in questo spicchio del deserto siriano. In Iraq, come detto, nell’Al Anbar ed a Ninive si prova ad evitare la riorganizzazione delle cellule dell’Isis sconfitte nel 2017 grazie alla caduta di Mosul.

Sia dalla Siria che dall’Iraq, arrivano comunque notizie che parlano di miliziani jihadisti non solo attivi ma anche sempre più violenti. Spinti dalla carenza di risorse e dall’isolamento dopo la caduta dello Stato Islamico, i terroristi compiono azioni di saccheggio e rapimenti nelle province più remote dei due paesi arabi. Ed i cittadini ripiombano dunque nel terrore e nel timore che ancora la lunga guerra contro l’Isis è tutt’altro che finita.