È un inizio di settimana incandescente alle porte di Tripoli, con un improvviso contrattacco delle forze fedeli a Fayez Al Sarraj che infiamma ancora una volta il fronte a sud della capitale libica, lì dove dallo scorso 4 aprile risultano stanziate le truppe del generale Khalifa Haftar. Quest’ultimo, tramite i suoi portavoce, fa sapere da Bengasi di aver respinto l’attacco ma gli scontri sono ancora in corso. La situazione ovviamente si fa sempre più confusa, mentre si diradano sempre di più le chance di una tregua mediata da accordi politici tra le parti.

La mossa di Al Sarraj

Già qualche giorno fa nelle nostre colonne si ipotizza un’escalation del conflitto in un periodo compreso tra le elezioni europee e la fine del Ramadan. Ed in effetti, a giudicare dall’intensità degli scontri di questo lunedì, qualcosa sembra virare verso questa triste prospettiva. Del resto sono molti i segnali che indicano una tale situazione: dai viaggi all’estero sia di Al Sarraj che di Haftar, ai tanti rifornimenti di mezzi militari ed armi giunti in Libia sia nella parte ovest che est del paese. Tutte le varie fazioni principali sembrano armarsi sempre di più, elemento quindi questo che testimonia la volontà di dare ancora spazio alle armi e non alla diplomazia.

A rompere gli indugi è quindi Al Sarraj: le sue milizie nelle ultime settimane ricevono armi e mezzi dalla Turchia, così come molti soldi dal Qatar. Ankara e Doha sono i principali alleati regionali del premier libico, il cui governo è vicino ai Fratelli musulmani di cui turchi e qatarioti risultano i principali finanziatori. Così come si legge in diverse agenzie di stampa, già di primo mattino si assiste ad un attacco su più fronti a sud di Tripoli da parte delle milizie di Al Sarraj. La lunga linea del fronte appare bersagliata dalle operazioni militari dei gruppi posti a difesa della capitale, da Aziziya fino ad Ein Zara, passando per il quartiere del vecchio aeroporto internazionale.

Pur tuttavia le forze di Haftar, per la prima volta chiamate a difendersi dall’inizio dell’operazione del generale, sembrano resistere alla prima ondata di contrattacchi. Così come spiega da Bengasi Ahmed Al Mismari, portavoce dell’esercito di Haftar, le truppe resistono ed in particolare si registrano importanti scontri nella zona dell’aeroporto. Per le forze dell’uomo forte della Cirenaica, appare essenziale difendere queste posizioni ed in particolari le basi conquistate in Tripolitania nelle ultime settimane. Mentre Al Mismari parla comunque di 31 miliziani uccisi (ad esser precisi, come indicato su AgenziaNova, si fa riferimento a 31 terroristi) nelle ultime ore, l’esercito di Haftar appare sotto pressione.

Il terrorismo torna a colpire

Anche perchè l’Lna, il Libyan National Army di Haftar per l’appunto, non deve guardarsi solo dalle milizie rivali a sud di Tripoli. L’Isis e le altre cellule jihadiste presenti in Libia colpiscono proprio in queste ore ed in parti diverse del paese. Domenica sera due autobomba esplodono davanti il quartier generale dell’Lna a Derna, l’ultima città della Cirenaica strappata da Haftar ai gruppi integralisti. Le esplosioni fanno tre vittime, ma soprattutto danno un segnale che suona molto più di un semplice campanello d’allarme per il generale. Anche nella sua regione le cellule terroristiche appaiono attive e nelle condizioni di colpire.

Nel sud della Libia invece, torna nuovamente a farsi vivo l’Isis: lo Stato Islamico mette nel mirino nelle scorse ore ancora una volta la località di Al Fuqha, la stessa colpita nelle ultime settimane. Si tratta del settimo attacco diretto dell’Isis in Libia dall’inizio dell’anno. I miliziani del califfato si scontrano con il battaglione di fanteria 128 dell’Lna, stanziato ad Al Fuqha dopo gli ultimi attentati. Tra le forze di Haftar attaccate non si registrerebbero vittime, ma l’azione dell’Isis testimonia il radicamento del terrorismo nel sud della Libia.