Cronaca locale

Il veliero col vento in poppa che fece razzia di Buttafuoco

Il prezioso vino del Pavese aveva sedotto gli austriaci già nel 1859 e oggi porta quell'immagine sull'etichetta

Roberto Perrone

Il compleanno (23 anni) del consorzio del Buttafuoco Storico ci offre l'occasione per scoprire questo vino e le sue terre. Nato nel 1996, il club ha 14 produttori e come marchio un veliero. Il vino ha 50 per cento Croatina per intensità tannica, colore e sentori di frutta rossa; 25 di Barbera, per acidità, spina dorsale e maggiore estrazione dalle vinacce della Croatina; infine è arricchito da Ughetta di Canneto e Uva Rara, fondamentali per l'eleganza e l'austerità. I due nastri rossi sul simbolo rappresentano il Versa e lo Scuropasso, i torrenti che racchiudono, tradizionalmente la zona produzione, la primissima fascia collinare dell'Oltrepò Pavese denominata «Sperone di Stradella». Terra di passaggio, importante sbocco commerciale. La nascita del Buttafuoco vive nella foschia fra storia e leggenda. Nel 1859 una compagnia di marinai austriaci impegnata a traghettare le truppe sul Po, abbandona la battaglia per fare incetta di un vino chiamato Buttafuoco. Qualche anno dopo la Marina Imperiale vara una nave con lo stesso nome. Da qui il veliero dalle vele infuocate.

Partiamo alla scoperta del Buttafuoco dalla Valle Versa e da Canneto Pavese, che ospita a sede del club del Buttafuoco Storico. Tra le vigne incontriamo le sculture di legno del maestro Marco Piovani, salumiere per necessità (per 45 anni ha gestito un negozio a Milano) artista intagliatore per vocazione. Piovani risiede nella frazione di Monteveneroso e lo si incontra nei mercatini della Val Versa mentre lavora il suo pezzo di legno. Alcune delle sue opere sono nelle chiese di Canneto (un leggio), di Castana (Madonna con Bambino) e Montescano (un crocifisso). L'altra passione familiare è quella per il Buttafuoco del figlio di Piovani, Massimo, che il suo sogno l'ha realizzato producendo Buttafuoco da un vigneto di cinque ettari. Piccola cantina, grande vino.

Si è fatta una certa ora e quindi riscendiamo a Canneto. Non solo vino ma anche «Bata Lavar», l'agnolotto tipico del borgo: pesa 40 grammi ed è lungo 7 centimetri. Impossibile metterlo in bocca intero perché «bata lavar», cioè batte sulle labbra. Anticamente agli uomini ne spettavano 4, a donne e bambini 2. Alternative. Sulla tavola accogliente dello storico Ristorante Bazzini, troviamo insieme con i salumi dell'Oltrepò Pavese con giardiniera, il riso carnaroli mantecato al Castelmagno e tartufo nero estivo, le scottadito di agnello alla griglia con patate al rosmarino.

Due tappe enoiche, a Casteggio l'azienda Frecciarossa nacque per l'innamoramento di Mario Odero per le colline dell'Oltrepò. Odero, commerciante di carbone tra Genova e l'Inghilterra, acquistò qui, in quella che veniva chiamata «la campagna dei genovesi» una tenuta che è specializzata in Pinot e ora è gestita dalla nipote, Valeria Radici Odero. Nella valle Scuropasso la rinomata Cantina Conte Vistarino ha un primato: questa famiglia è stata la prima, nel 1850, a importare le barbatelle di Pinot Nero dalla Francia, contribuendo in modo decisivo al consolidamento del metodo classico dell'Oltrepò. Molto interessante il museo civico archeologico di Casteggio con la testimonianza delle prime presenze dell'uomo e poi oggetti dalla preistoria all'epoca medievale e numerosi documenti. Dopo tanti su e giù, due indirizzi giusti per fermarsi. Alle Cave Cantù, all'interno della Certosa Cantù, antico convento edificato nel Settecento dai monaci, c'è una proposta di ricerca che incrocia il mare: avocado caramellato, polpo e peperoncino; primavera in Oltrepò, tagliolino, sugo d'arrosto; frittura di crostacei, calamari e acciughe. Più solidamente locale il ristorante Italia, famoso per i suoi salumi: una pancetta Dop da invecchiamento (fino ai 2 anni), coppa e salame. Li ritroviamo, con il cotechino caldo, nel gran tagliere di salumi misti con insalata russa. Proseguiamo con gli gnocchetti di patate caserecci al burro fuso e ricotta e con il misto di arrosti, costina e faraona. Chiusura culturale al museo ferroviario di Voghera tra cimeli d'epoca e imperdibili documenti. Il museo si trova all'autoporto, passando per la vecchia biglietteria Voghera-Varzi. Da qui, appunto, parte anche la Green Way, la pista ciclabile sul vecchio tratto ferroviario, che arriva fino a Varzi, uno dei luoghi santi del grande salame italiano.

Ma questa è un'altra storia.

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