Il Congresso ancora una volta non è in linea con la politica estera del presidente Trump: è questo quello che emerge con riferimento soprattutto ai rapporti con l’Arabia Saudita, paese con il quale il tycoon newyorkese sottoscrive nelle scorse settimane un altro importante contratto per la fornitura di armi. Diversi membri del parlamento di Washington adesso vorrebbero provare ad impedire a Trump di sbilanciarsi così tanto verso Riad, in relazione alla politica da adottare per il medio oriente.

La mossa di Trump nel mirino

Tutto nasce dalla dichiarazione di emergenza nazionale sul Medio oriente promulgata nei giorni scorsi, un modo per evidenziare anche ufficialmente come, per la Casa Bianca, la questione iraniana è alla base delle preoccupazioni sulla sicurezza nazionale e dunque, oltrepassando il Congresso, avere il necessario potere per vendere nuove armi agli alleati nel Golfo. In primo luogo proprio l’Arabia Saudita, primo paese straniero visitato da Trump dall’inizio del suo mandato nel maggio 2017. Una visita che, in quell’occasione, vale un contratto di svariati miliardi di Dollari con Riad per la fornitura di armi di ogni tipo. La dichiarazione di emergenza sopra richiamata, dà il modo alla Casa Bianca per ulteriori vendite di armi.

Ma non solo: partendo dal presupposto che l’Iran è una minaccia nazionale, Trump può permettersi di stipulare modalità di contratti ancora più incisive nel rapporto con l’Arabia Saudita. Ed il presidente Usa nei giorni scorsi dà il via libera per lo sviluppo tecnologico di nuove armi direttamente nel paese arabo. In questo modo, i tenici della Raytheon Company, tra le società di riferimento della difesa americana per la fabbricazione soprattutto delle cosiddette “bombe intelligenti”, possono sviluppare una più intensa collaborazione con i tecnici sauditi. Una collaborazione quindi più intensa, con i Saud pronti a sfruttare l’occasione soprattutto per la “loro” guerra nello Yemen.

Le posizioni del Congresso

Dal Campidoglio di Washington emergono non poche perplessità. In primo luogo sulla modalità con il quale Trump affronta la politica estera: il timore del congresso, così come si legge sul New York Times, è quello di essere scavalcato per via della dichiarazione di emergenza. In questo modo di fatto la Casa Bianca può dare il via alla vendita di nuove armi od a contratti e trattati con altri Stati senza passare per il parlamento. In secondo luogo, la preoccupazione riguarda l’uso di queste armi e la possibilità che i sauditi si impossessino di applicazioni tecnologiche delicate. Infatti, contrariamente all’oggetto dello stato d’emergenza che riguarda l’Iran, i sauditi potrebbero utilizzare le nuove armi nello Yemen, in una guerra che continua a mietere vittime e che causa ogni giorno l’aggravamento di una delle più deleterie crisi umanitarie.

Inoltre, la collaborazione tra la Raytheon ed i tecnici sauditi viene vista con sospetto proprio perché secondo diversi deputati, sia democratici che repubblicani, fornire segreti tecnologici all’Arabia Saudita non sarebbe un bene per la sicurezza americana: “Da questo punto di vista, poche nazioni dovrebbero essere considerate meno dell’Arabia Saudita – afferma il deputato Rand Paul, rappresentante repubblicano del Kentucky – Se i sauditi sono in grado di sviluppare una propria capacità di fabbricazione di bombe a seguito di questo accordo, ad essere a repentaglio è la stessa sicurezza degli Stati Uniti”.

Infine, diversi membri del Congresso risultano preoccupati dalle posizioni assunte da Trump giudicate sbilanciate verso il blocco saudita del Golfo. Una preoccupazione non nuova, visto che da tempo anche a Washington si parla dell’influenza del principe ereditario emiratino Mohammed Bin Zayed sul presidente Usa: “I sauditi e gli emiratini sono diventati così intrecciati con l’amministrazione Trump, che non penso che il presidente non sia in grado di distinguere gli interessi nazionali americani dai loro”, dichiara sempre al New York Times il rappresentante dei democratici presso la commissione esteri del congresso, Tom Malinowski. Nei prossimi giorni un gruppo trasversale di deputati dovrebbe presentare alcune mozioni in cui vengono espressi i disappunti per l’accordo con l’Arabia Saudita e per la linea di Trump sul medio oriente. In programma anche alcune audizioni della commissione esteri: il congresso lavorerà per provare quanto meno a ridimensionare la portata degli ultimi accordi della Casa Bianca.