Cronaca locale

Cancellati perché ebrei: i 106 avvocati «riammessi»

Cerimonia simbolica a Palazzo di giustizia in ricordo degli espulsi dall'Ordine a causa delle leggi razziali

Cristina Bassi

Amati, Ancona, Ansbacher, Ascoli, Baer e giù giù fino a Viterbo, Vitta, Vivanti, Weiller, Zevi. Poi le sole quattro donne: Irma Foà, Wanda Levi Olivetti, Paola Pellizzi Pontecorvo, Pia Ravenna Levi. È lunga 106 nomi la lista degli avvocati ebrei espulsi dall'Ordine milanese in seguito alle leggi razziali. Ieri nell'Aula magna del Palazzo di giustizia questi professionisti perseguitati sono stati ricordati ed è stata scoperta una targa in loro memoria. Alla giornata di studi organizzata dall'Ordine degli avvocati è stata invitata la senatrice a vita Liliana Segre. Hanno partecipato il presidente dell'Ordine Vinicio Nardo, della Corte d'appello Marina Tavassi, del Tribunale del riesame Cesare Tacconi, il primo presidente emerito della Cassazione Giovanni Canzio, l'avvocato Remo Danovi, già presidente dell'Ordine, il presidente dell'Associazione italiana avvocati e giuristi ebrei Giorgio Sacerdoti e il presidente della Comunità ebraica di Milano Milo Hasbani.

Le ricerche nell'archivio dell'Ordine hanno ricostruito che le cancellazioni e le «discriminazioni» degli avvocati sono iniziate fin dall'ottobre del 1938, prima ancora del primo provvedimento «a difesa della razza» del novembre di quell'anno e subito dopo il Manifesto della razza pubblicato in luglio. Ottant'anni fa, il 29 giugno del 1939, la legge numero 1054 sulla «Disciplina dell'esercizio delle professioni da parte dei cittadini di razza ebraica». L'«aggiornamento anagrafico» degli albi degli avvocati e dei procuratori legali comportò la cancellazione o l'iscrizione in un elenco a parte con lo status giuridico di «discriminati». Questi ultimi potevano, anche se ebrei e grazie a «meriti speciali», continuare la professione legale ma in forma molto limitata. Nel 1944, con il governo Badoglio, cominciò la reintegrazione nei diritti civili e politici dei cittadini e dei professionisti colpiti dalle leggi razziali. A Milano l'11 giugno del 1945, proprio 74 anni fa, il commissario del Collegio degli avvocati Ferdinando Targetti firmò le prime delibere di reintegro dei professionisti sopravvissuti alle persecuzioni.

Ha sottolineato Nardo: «L'avvocato è il naturale difensore dei discriminati, non può accadere il contrario. Eppure è così che è andata allora, anche nel nostro Ordine». Così Canzio: «In quegli anni, nel nome dell'esclusione, il diritto diventò disuguale. Una contraddizione logica incarnata dai custodi stessi della legalità e del principio di uguaglianza, giuristi e avvocati». Liliana Segre, moglie e madre di avvocati e laureata ad honorem in Giurisprudenza, ha ricordato: «Anch'io sono stata esclusa, espulsa dalla scuola in terza elementare. Ottant'anni dopo si è aperta per me la porta del Senato, nello stesso Stato, quello in cui sono nata. Ma quella bambina espulsa resta sempre tale. Io ho visto come dalle parole d'odio si passa ai fatti, per questo ho proposto un disegno di legge contro i discorsi d'odio». Ancora: «Antisemitismo e razzismo riemergono. In realtà non sono mai morti.

L'odio è latente e se di nuovo come allora domina l'indifferenza, può vincere».

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