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Più difficile affittare casa ai turisti Arriva un'altra stangata gialloverde

Nel dl Crescita obblighi antievasione: ora è roba solo per professionisti

Più difficile affittare casa ai turisti Arriva un'altra stangata gialloverde

Annuncio classico: appartamento con tutti i comfort nella splendida campagna toscana. Al ministero delle Politiche agricole e del Turismo non ci hanno messo molto a scoprire che di annunci simili in Toscana ce n'erano altri 1.500. Le proprietà pubblicizzate on line come appartamenti per affitti brevi di privati cittadini, facevano in realtà capo a una società con sede in Svizzera. Che ovviamente non pagava le (copiose) tasse.

Non è un caso isolato e gli ultimi governi hanno reagito imponendo regole per arginare il fenomeno. L'ultima è arrivata attraverso un emendamento al Dl Crescita approvato lunedì. È firmato dai leghisti Centemero (Lega) e Raduzzi (M5s), ma a spingerlo è lo stesso ministro Gian Marco Centinaio. La norma introduce l'obbligo di registrare ogni appartamento per locazioni brevi presso una banca dati on line che sarà istituita presso l'Agenzia delle entrate, ottenendo un codice identificativo senza il quale non si potrà comparire sui grandi portali come Airbnb e Booking. Chi esercita l'attività senza il codice rischia una sanzione tra i 500 e i 5.000 euro.

È l'ultimo atto della guerra a un fenomeno spesso selvaggio. Con un effetto collaterale: spegnere sul nascere il sogno di una rendita mensile di milioni di italiani pronti a trasformarsi in affittacamere. Sono in tanti ad averci scommesso su la liquidazione. O semplicemente ad aver deciso di mettere a frutto la casa ricevuta in eredità da un parente.

Per dare un'idea del fenomeno, da giugno ad aprile di quest'anno nella sola Milano gli appartamenti destinati ad affitti brevi on line, sono passati da 13.500 a 20mila. A Roma se ne contano almeno 50mila, ma il sommerso è talmente diffuso da rendere incerte le stime. Per l'Istat le seconde case sottoutilizzate sono 7 milioni.

Il tentativo di frenare gli abusivi a colpi di regole, invocato a gran voce dagli albergatori che lamentano la concorrenza sleale, sta per rendere impervia l'impresa per il piccolo proprietario che con un solo appartamento da affittare, a fronte di margini sempre più incerti a causa dell'aumento dell'offerta, si vede costretto a una sfilza di incombenze burocratiche sempre più lunga e articolata. Tanto che stanno sorgendo società che offrono, in cambio di una percentuale sugli utili, una gestione a tutto tondo dell'immobile da affittare. «Bisogna che l'appartamento sia in regola con i requisiti di agibilità - dice Marco Celani, ad di Italianway, startup del settore che è già diventata la seconda contribuente del Comune di Milano per la tassa di soggiorno - poi va fatta la Scia di inizio attività in municipio e ora anche l'iscrizione al portale per ricevere il codice unico, la contabilità e versamento della tassa di soggiorno e della cedolare secca, ma non per tutti i portali, la comunicazione delle generalità degli ospiti alla Questura entro 24 ore dall'arrivo, che va poi ripetuta per l'Istat una volta mese e con modalità diverse da Comune a Comune. Ad esempio tutta la Lombardia usa lo stesso software, tranne Bormio». La conclusione? «Va bene il codice identificativo unico, ma ora andrebbero semplificate e unificate tutte le procedure». Festeggia per la nuova norma anche Federalberghi.

Ma il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa non ci sta: «Qualunque casa può essere destinata a locazioni brevi, la norma rischia di trasformarsi in un nuovo adempimento per 32 milioni di proprietari immobili».

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