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Un anno da 8+. Adesso serve una punta vera

Un anno da 8+. Adesso serve una punta vera

Se l'eccellente lavoro realizzato da Roberto Mancini ct della Nazionale, ad appena un anno di distanza, ha stupito persino Alessandro Costacurta che lo scelse e gli affidò la missione di rifondare il calcio azzurro dopo l'apocalisse firmata da Ventura, beh allora la pagella di fine attività stagionale non può che avere un voto molto alto: 8 più. Con motivazioni che prendono spunto dal cambio di mentalità per finire al sistema di gioco e alla ricerca dei promettenti talenti da inserire nel vecchio scheletro. A cogliere, in modo simbolico, la differenza scavata da Mancini rispetto al suo sciagurato predecessore c'è questa riflessione: Ventura ignorò il talento di Insigne nella notte decisiva del ballottaggio con la Svezia nonostante le rimostranze di De Rossi, Lorenzo ha gratificato il ct attuale con la perla dell'1 a 1 che è solo una parte del suo notevole repertorio balistico. Il risultato migliore ottenuto da Mancini è nell'aver sedotto il suo gruppo chiedendo loro la ricerca e il comando del gioco. Non fanno molto testo la cifra tecnica e lo spessore dei rivali fin qui incrociati: solo la Bosnia, guidata da quei due fuoriclasse di Dzeko e Pjanic, ha impegnato a fondo e smascherato qualche fragilità (lato destro della difesa, pressing del centrocampo). Di solito, a fine stagione, il calcio azzurro ha sempre tradito cadenze poco serrate: a Torino s'è vista, nella ripresa, una squadra animata da coraggio e ispirata da un inedito tridente d'attacco, senza centravanti puro. Anche nelle sostituzioni Mancini ha avuto dalla sua una sorta di ispirazione. Tutti noi critici avremmo messo da parte, all'intervallo, proprio Insigne risucchiato dal rivale sul binario di sinistra e invece il napoletano ha firmato gol e assist. Tra dodici mesi comincerà l'europeo inaugurato dalla sfida di Roma: in tutto questo tempo, oltre a coltivare gli altri talenti che Mancini ha scovato da solo (Zaniolo, Kean, Tonali), c'è da rintracciare un centravanti adatto all'Italia che vuole avere sempre il pallino del gioco. Balotelli è una scommessa persa. Il ct gli aprì le porte ritrovandoselo con 100 chili sulla bilancia, prima di arrendersi alla realtà. Belotti è un assaltatore da utilizzare durante la partita, Immobile è un contropiedista poco incline al dettato calcistico manciniano, serve un profilo diverso di cui non abbiamo ancora traccia. Quagliarella, servito una sola volta, non ha deluso.

È che non gliene va bene una, come in Sud-Africa 2010.

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