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Donne "pro"? Evitiamo di rovinarle

Donne "pro"? Evitiamo di rovinarle

B arbara Bonansea, classe 1991, bomber a sorpresa dell'Italia femminile che sta incantando il Belpaese, è una ragazza incapace di raccontare favole. «Il mio primo gol all'Australia? Sono scivolata e la palla è finita all'angolo» la prima candida confessione che sa di bucato pulito. «Il secondo gol? Di testa non sono granchè, non dovevo essere lì» la seconda che sa di acqua e sapone. È lei una delle protagoniste di questo giugno tinto d'azzurro (dopo la promettente Nazionale di Mancini adesso toccherà all'Under 21 di Di Biagio) che sembra fatto apposta per dimenticare gli stenti di un anno fa e la voglia di nuovo che invade le nostre strade.

D'accordo, il debutto con l'Australia delle ragazze azzurre è stato scoppiettante: nessuno s'aspettava quei numeri dell'auditel e anche l'eco sulla grande stampa, persino esagerata in qualche edizione. Oggi c'è la Giamaica messa sotto dal Brasile in modo brutale al primo turno (3 a 0 e via) per intravedere la possibilità di una clamorosa qualificazione che significherebbe rimettere al centro del dibattito la passione rosa spuntata nel calcio di casa nostra. Barbara, che adora CR7, e deve al fratello seguito in ogni allenamento la sua passione per il calcio, è passata dallo stupore per la sua attuale condizione («mai pensato che questo potesse diventare il mio lavoro») all'inseguimento di traguardi molto impegnativi. «Dobbiamo raggiungere il professionismo ed essere pagate il giusto, come i colleghi maschi» la sua fuga in avanti che è figlia di questo entusiasmo tutto italiano da scoperta di una realtà sconosciuta ai più, capace già in qualche circostanza (la partita Juve-Fiorentina allo Stadium di Torino con tutto esaurito, 42 mila spettatori) di produrre numeri esaltanti e un interesse contagioso. Siamo fatti così da queste parti specie se dovessero convergere su quest'estate umida e indecifrabile, analisi tecniche e giudizi di costume da inserire nella serie dei «politicamente corretti» così da provocare una sorta di processione verso il nuovo santuario del calcio italiano. Non è possibile escludere esodi verso la Francia, sede del mondiale rosa, ma non è nemmeno il caso di trasformare un'emozione in un affare di stato. Scopriremo nei prossimi mesi, quando tornerà il campionato made in Italy, con l'Inter risalita al livello di Milan e Juve, se dallo slancio di Barbara Bonansea e dalle sue colleghe è possibile dar vita a qualcosa di più duraturo e significativo che faccia i conti anche con le condizioni economiche del calcio italiano.

Basta seguire i tormenti della Lega pro (Francesco Ghirelli: «Non so se partirà il campionato») per capire che non siamo il Bengodi e che creare un altro esercito di improbabili professionisti porterebbe forse a rovinare il movimento.

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