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Polizia uccide afroamericano. Esplode la rabbia a Memphis

Secondo la famiglia il giovane, 20 anni, è stato colpito con 20 proiettili davanti a casa. Scontri: feriti 24 agenti

Polizia uccide afroamericano. Esplode la rabbia a Memphis

L'ennesima uccisione di un ragazzo nero da parte di un agente della polizia fa esplodere la rabbia della comunità afroamericana a Memphis, in Tennessee. E trasforma quella che era iniziata come una manifestazione pacifica contro i metodi duri delle forze dell'ordine in una guerriglia urbana. Almeno 24 agenti e due giornalisti sono rimasti feriti negli scontri, e tre persone son state arrestate. Secondo le ricostruzioni il 20enne Brandon Webber, su cui pesavano diversi mandati di cattura, è stato ucciso intorno alle 19 ora locale mentre cercava di scappare dalla polizia a Frayser, quartiere prevalentemente nero nella zona a nord della città. Una portavoce del Tennessee Bureau of Investigation, che ha aperto un'indagine sull'accaduto, ha spiegato come Webber si sia scagliato contro l'auto degli agenti, mostrando poi un'arma. Un cugino del ragazzo, Demetrick Skinner, e il commissario della contea di Shelby, Tami Sawyer, hanno riferito al Daily Memphian che il 20enne è stato colpito da ben venti proiettili ed è morto davanti al cortile di casa. «Questo è folle», ha detto Skinner. La polizia, da parte sua, ha descritto Webber come un «sospettato violento», spiegando che ha puntato un fucile contro di loro, ricostruzione tuttavia smentita da alcuni testimoni.

Le proteste sono iniziate in serata, dopo la diffusione delle notizie della sparatoria: centinaia di residenti sono scesi in strada e la situazione è degenerata quando i manifestanti hanno iniziato a lanciare bottiglie, pietre e mattoni contro gli agenti in tenuta antisommossa. Oltre a danneggiare diverse auto di servizio della polizia hanno abbattuto un muro di cemento e rotto le finestre di una stazione dei vigili del fuoco, mentre le forze dell'ordine hanno utilizzato gas lacrimogeni per disperdere la folla. «Voglio essere chiaro, l'aggressione di stanotte contro i nostri agenti è stata ingiustificata», ha fatto sapere il sindaco di Memphis, Jim Strickland, dicendosi «impressionato dalla professionalità dei poliziotti, che hanno sopportato il lancio di pietre e sputi». Altri politici locali, invece, hanno chiesto un'indagine approfondita sull'uccisione di Webber. «La comunità vuole delle risposte sull'incidente», ha dichiarato il rappresentante democratico della Camera del Tennessee, Antonio Parkinson, domandando «completa trasparenza nell'inchiesta sull'ufficiale coinvolto nella sparatoria».

L'uccisione di Webber, ultimo episodio di una lunga scia di sangue, ha fatto riesplodere le polemiche sulla disparità di trattamento delle persone di colore da parte della polizia. Tra i casi più eclatanti c'è quello di Trayvon Martin, 17enne ucciso nel 2012 in Florida mentre camminava con il cappuccio della felpa in testa. Un atteggiamento che destò i sospetti di un vigilante volontario il quale dopo un diverbio aprì il fuoco, uccidendolo. E poi c'è stata la morte di Michael Brown a Ferguson, in Missouri, nel 2014, freddato da un agente credeva erroneamente fosse armato e avesse da poco commesso un furto in un negozio. L'episodio scatenò violenti scontri e la città fu messa per giorni a ferro e fuoco. Ancora, nel novembre dello stesso anno, il 12enne Tamir Rice è stato ucciso a Cleveland, in Ohio, mentre teneva in mano una pistola giocattolo che l'agente scambiò per un'arma vera.

Nel 2016 Alton Sterling e Philando Castile sono stati uccisi a poche ore di distanza in Louisiana e Minnesota: le loro morti scatenarono la rabbia di un veterano dell'Afganistan, che pochi giorni dopo aprì il fuoco contro la polizia a Dallas ammazzando cinque agenti.

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