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Ilva, altro guaio per Di Maio. Il dl Crescita blocca il rilancio

ArcelorMittal: senza immunità penale non possiamo gestire l'impianto. E sul testo nuovo scontro M5s-Lega

Ilva, altro guaio per Di Maio. Il dl Crescita blocca il rilancio

Ennesimo pasticcio per il ministro-steward Luigi Di Maio. La ex Ilva, oggi ArcelorMittal, rischia di fallire di nuovo. «Con il decreto Crescita formulato così diventerebbe impossibile gestire gli impianti di Taranto». ArcelorMittal mette in guardia il governo. In particolare per il gruppo che ha rilevato l'Ilva a compromettere gli sforzi in corso sono le norme «che cancellano le tutele legali esistenti, quando ArcelorMittal ha accettato di investire su Taranto». Secondo l'azienda, «se il decreto dovesse essere approvato nella sua formulazione attuale, la disposizione relativa allo stabilimento di Taranto pregiudicherebbe, per chiunque, Arcelor Mittal compresa, la capacità di gestire l'impianto mentre si attua il Piano ambientale richiesto dal governo e datato settembre 2017».

La richiesta di Arcelor è netta: «È necessario che restino in vigore le tutele fino a quando non sarà completato il piano ambientale per evitare di incorrere in responsabilità relative a problematiche che gli attuali gestori non hanno causato». Il gruppo nato in India ha spiegato i motivi della richiesta: «Lo stabilimento è sotto sequestro dal 2012 e non può essere gestito senza che ci siano le necessarie tutele legali fino alla completa attuazione del Piano ambientale. Il piano ambientale del 2017 è stato progettato per affrontare problemi di lunga data dello stabilimento di Taranto e per trasformarlo in un impianto siderurgico europeo all'avanguardia, utilizzando le migliori tecnologie disponibili, con un investimento ambientale complessivo di oltre 1,15 miliardi di euro». Non solo: «Tutti gli interventi previsti stanno procedendo nel pieno rispetto delle tempistiche. Il decreto Crescita deve essere approvato entro il prossimo 29 giugno. ArcelorMittal Italia resta fiduciosa che venga ripristinata la certezza del diritto nell'interesse dell'intero contesto economico italiano e degli stokeholder, permettendo ad ArcelorMittal Italia di continuare a gestire lo stabilimento e completare il piano di riqualificazione ambientale».

Ma è la risposta del Mise che lascia esterrefatti. «Sorprende la comunicazione diffusa dalla società ArcelorMittal, visto che la medesima era stata informata già a febbraio 2019 degli sviluppi circa la possibile revoca dell'immunità penale introdotta nel decreto Crescita», scrive in una nota il ministero dello Sviluppo economico, precisando che aver spiegato al gestore che «si sarebbe individuata una soluzione equilibrata volta alla salvaguardia dello stabilimento e dell'indotto occupazionale, nonché al rispetto, ovviamente, delle decisioni adottate dai giudici». Lo stesso ministero e il governo, conclude il comunicato, «sono al lavoro affinché l'azienda continui ad operare nel rispetto dei parametri ambientali». Il nuovo allarme lanciato da ArcelorMittal arriva a pochi giorni da un incontro con i sindacati in cui si è discusso del futuro dell'impianto di Taranto che resta difficile e che ha portato al ricorso in via temporanea alla cassa integrazione per 1.400 dipendenti per 13 settimane.

Ed è scontro tra M5S e Lega sull'esame alla Camera del dl Crescita, il cui voto è stato rinviato a oggi. A scaldare gli animi l'emendamento del Carroccio che sposta il Fondo sviluppo e coesione per il Meridione dal dicastero del Sud guidato dalla grillina Barbara Lezzi alle Regioni. Un blitz che ha mandato su tutte le furie la ministra e i vertici M5s. Per poter stralciare l'emendamento della discordia con un colpo di bianchetto, la Lega avrebbe chiesto un'accelerazione sulle autonomie.

Ma almeno una cosa buona ieri è successa: sono stati siglati al ministero dello Sviluppo economico due accordi tra le parti per il rientro del gruppo Mercatone Uno in procedura di amministrazione straordinaria e per lo sblocco della cassa integrazione straordinaria per i lavoratori fino al 31 dicembre 2019.

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