Cronache

La protesta pro migranti che non scalda il cuore di Lampedusa

In queste ore a Lampedusa va in scena una protesta guidata da don Carmelo La Magra, in cui si chiede lo sbarco dei 43 migranti della Sea Watch: ma al presidio si recano pochi lampedusani

La protesta pro migranti che non scalda il cuore di Lampedusa

L’estate a Lampedusa oramai è iniziata ufficialmente: le alte temperature non lasciano spazio a dubbi, sull’isola fa molto caldo ed è possibile notarlo dalle tante persone in spiaggia e da quel brusio che in questo periodo dell’anno nella centrale via Roma prende il posto del silenzio invernale.

La domanda sorge spontanea, oggi come da 27 anni e cioè da quando sull’isola più grande delle Pelagie approda il primo barcone dall’Africa: Lampedusa è l’isola dell’emergenza immigrazione?

Viene dipinta spesso come tale, non senza danni all’immagine: quando il numero dei barconi negli anni delle emergenze diventa davvero elevato, nel resto d’Italia in tanti hanno l’idea che Lampedusa sia un’isola militarizzata, quasi come Cipro durante l’invasione turca del 1974. In realtà, a parte qualche situazione di tensione come quella generata dal massiccio esodo di tunisini a seguito della primavera araba del 2011, l’isola vive sempre la sua quotidianità provando, non sempre con successo, ad evitare di far disdire le prenotazioni ai tanti turisti impauriti dal numero degli sbarchi.

Spesso l’emergenza a Lampedusa riguarda due specifici luoghi: il molo Favarolo, quello dove approdano i barconi, e contrada Imbriacola. Qui ha sede il centro d’accoglienza adesso parzialmente inagibile a seguito di un incendio appiccato da alcuni “ospiti” nei mesi scorsi. Mentre tutta Italia guarda a Lampedusa per il caso Sea Watch, con la nave dell’Ong tedesca ferma a qualche miglia dall’isola, i lampedusani provano semplicemente a fare la loro vita tra alberghi che riaprono ed attività da mandare avanti.

Ed è qui che si attua quello scollamento tra verità raccontata e realtà, di cui già si è parlato a margine delle europee del 26 maggio, che a Lampedusa vedono la Lega al 46%. La protesta che sul sagrato della chiesa di San Gerlando viene guidata da don Carmelo La Magra, non scalda i cuori dei cittadini.

Questo non per superficialità dei lampedusani, né per “disumanità” di gente che, al contrario, vive il mare e ne conosce ogni peculiarità. Il perché lo si può intuire parlando con alcuni autotrasportatori che dall’isola sbarcano a Porto Empedocle, porto in cui approdano le navi che collegano Lampedusa e Linosa con la Sicilia: “Questo mezzo – afferma uno di loro indicando la motonave appena arrivata a pochi passi da Agrigento – Già appare inadeguato. Adesso per giunta vorrebbero sostituirlo con una nave più piccola”. In effetti, andando a spulciare nella cronaca politica locale di Lampedusa, non si parla di sbarchi e barconi ma si trova una lettera che il sindaco Totò Martello indirizza alla Regione Siciliana per il timore di vedere la sua isola collegata con mezzi ancora più inadeguati di quelli attuali.

Tutto questo per dire che, come in tutte le comunità del mondo, anche a Lampedusa la gente appare maggiormente presa dalle difficoltà del vivere quotidiano, che qui sono parecchie ed appaiono avere un peso specifico maggiore che da altre parti proprio per la condizioni di naturale isolamento. Manca un ospedale ed in caso di grave malore occorre sperare nel pronto arrivo di un elisoccorso da Agrigento o da Palermo, mancano istituti superiori e mancano seri investimenti per il futuro. A questo, occorre aggiungere che la pesca, settore trainante di Lampedusa, vive momenti difficili per via del contesto generale. C’è il turismo che appare in crescita, ma che potrebbe rendere di più e che non cancella le difficoltà della popolazione: “Non sarebbe male vedere la chiesa vicina anche per le nostre necessità”, tuona un altro lampedusano appena arrivato a Porto Empedocle.

La protesta guidata da don La Magra non attecchisce e questo per gli stessi motivi per i quali nel 2017 non viene rieletta Giusy Nicolini come sindaco e per i quali, come detto, è possibile notare la Lega arrivare a sfiorare il 50% nelle ultime europee. Non c’è indifferenza o superficialità, c’è soltanto la concentrazione verso i propri problemi quotidiani, che qui diventano a volte anche esistenziali.

Se i 43 a bordo della Sea Watch approdano o meno, per i lampedusani non cambia nulla: per loro che, in teoria, dovrebbero vivere in prima persona il problema in realtà questa situazione è un non problema. Non è né una questione politica e né di poca o grande umanità: se la Sea Watch non arriva nessuno applaudirà, se arriva al massimo qualcuno porterà una parte del pescato giornaliero al porto. Del resto, qui i barconi arrivano anche d’inverno ed anche quando nessuna Ong prova a sfidare politicamente i governi di turno.

I lampedusani forse sanno meglio di chiunque altro che la questione di queste ore è soltanto politica. E quelle proteste in cui si parla di umanità, altro non sono che fari puntati sulla parte più politica di questa vicenda.

Finita la quale, per Lampedusa non sarà cambiato nulla.

Commenti