Economia

La battaglia nella Pop Bari per la «grande banca del Sud»

Lo storico presidente Jacobini lascia per favorire il ricambio ma l'ad De Bustis resiste con Emiliano e D'Alema sponsor

Grandi lavori in corso alla Banca Popolare di Bari. L'azienda cooperativa, scampata alla riforma di trasformazione in spa imposta da Renzi, è alle prese con una situazione finanziaria critica. Ma ora il governo, con il decreto crescita, le ha fornito la possibilità di sfruttare agevolazioni fiscali fino a 500 milioni per porsi come motore della nascita di un polo bancario del Sud. Ed è proprio in vista di questo orizzonte che è scoppiata la battaglia per il controllo dell'istituto. Con il consigliere delegato Vincenzo De Bustis impegnato nelle grandi manovre per la formazione del prossimo cda. A cominciare dal futuro presidente.

In calendario c'è infatti il rinnovo parziale del cda: quattro membri degli attuali 10 (l'undicesimo è vacante) sono in scadenza e vanno rinnovati con una lista che presenterà lo stesso cda nell'assemblea del 14 luglio. A questi si aggiunge anche la poltrona pesante del presidente, dal momento che Marco Jacobini, figlio del fondatore della banca Luigi, ha deciso di lasciare dopo 30 anni. Jacobini, d'intesa con Bankitalia, farà un passo indietro proprio per favorire il rilancio dell'istituto nella nuova era che sta per iniziare. Ed è qui che infuria la battaglia.

Il gesto di Jacobini, nelle intenzioni sue e della Vigilanza, ha il senso di aprire una fase nuova che, introducendo metodi e governance all'altezza, conduca all'insediamento di un gruppo dirigente di alto standing. Per questo Jacobini ha voluto che fosse un cacciatore di teste autorevole e internazionale, il gruppo Korn Ferry, a occuparsi della selezione del suo sostituto e dei candidati per il nuovo cda. Evitando così cooptazioni, conflitti o localismi di qualunque tipo. In questo quadro anche la figura del consigliere delegato dovrebbe tornare in discussione (De Bustis, tra l'altro, è entrato in cda l'anno scorso per cooptazione). E forse non è un caso che proprio in questi giorni, a sole tre settimane dall'assemblea, la Vigilanza abbia inviato i suoi ispettori alla Popolare, per riesaminare i crediti ma anche per osservare da vicino le procedure di formazione della nuova governance. Un'iniziativa che non giova certo a De Bustis, soprattutto dopo che la banca, pochi giorni fa, ha comunicato di aver riesaminato il progetto di bilancio 2018 deliberando ulteriori rettifiche su crediti per 25 milioni. E rivedendo dunque la perdita d'esercizio da 372 a 397 milioni, con un Cet1 ratio sceso dal 7,86 al 7,52% contro una richiesta minima regolamentare dell'8,82%.

De Bustis, da parte sua, punta invece a gestire un cambiamento più gattopardesco, giocando anche sui tavoli della politica. Sul fronte nazionale, grazie ai buoni rapporti con il segretario generale di Assopopolari Giuseppe De Lucia Lumeno, da sempre vicino alla Lega, De Bustis avrebbe aperto un canale con il Carroccio per proporre Giulio Sapelli come presidente: se l'eclettico professore (già nel cda della Pop Bari, poi dimessosi dopo soli 4 giorni di vicepresidenza) è stato un candidato premier della Lega lo scorso anno, a maggior ragione può essere il gradito leader del «progetto banca del Sud». Ma nello stesso tempo, per coprirsi a sinistra, nella lista per il cda da proporre in assemblea, De Bustis ha pensato a Tiziano Onesti, presidente di Trenitalia di nomina Pd e voluto al vertice degli Aeroporti pugliesi dal governatore Michele Emiliano. Onesti avrebbe anche la benedizione di Massimo D'Alema: uno sponsor d'altri tempi al quale De Bustis deve molto, essendo stato il suo riferimento politico fin dagli anni Novanta, quando il manager che guidava la Banca del Salento (poi Banca 121), approdò al Monte dei Paschi proprio attraverso la cessione della 121 (poi finita male).

La posta in palio, in questa partita, è alta: sono i 500 milioni di crediti d'imposta che il governo metterà a disposizione in caso di aggregazioni e fusioni bancarie nel Sud.

E i fronti sono agguerriti: da un lato Bankitalia, che spinge per una svolta radicale; dall'altro un'operazione che, almeno a prima vista, appare più politica e conservatrice.

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