Non è portoghese, bensì americano. E questa è già di per sé, nell’ambito della vicenda che riguarda il pilota mercenario al servizio dell’aviazione di Al Sarraj catturato dal Libyan National Army (Lna) il 7 maggio scorso, una novità non da poco. La vicenda, i cui particolari sono emersi nelle scorse ore, è descritta dal Washington Post e contiene al suo interno non pochi particolari che fanno luce anche sul contesto generale riguardante la guerra a Tripoli.

Chi è veramente il pilota catturato dagli uomini di Haftar

Come detto in precedenza, i fatti risalgono allo scorso 7 maggio. Quel giorno alcuni reparti stanziati nei pressi di Gharian, città a circa 120 km a sud di Tripoli, appartenenti all’Lna guidato dal generale Khalifa Haftar si accorgono di un aereo nemico che colpisce obiettivi militari nei pressi delle proprie postazioni. Viene dunque attivata la contraerea la quale intercetta il velivolo e lo colpisce causandone il rovinoso schianto al suolo. Il pilota a bordo aziona il tasto eject e viene catapultato all’esterno, finendo però in un territorio controllato dall’Lna. A quel punto i soldati dell’esercito di Haftar riescono a catturarlo ed a farlo prigioniero. Già durante i primi interrogatori, si intuisce che il pilota non è libico. Lo stesso ragazzo dichiara di essere un mercenario ma di nazionalità portoghese, confermando di pilotare il Mirage abbattuto per conto dell’aviazione fedele al governo di Al Sarraj.

I video fatti circolare in rete dallo stesso Lna, che mostrano alcune fasi dell’interrogatorio, così come si fa notare su SpecialeLibia in realtà alimentano perplessità sulla nazionalità del ragazzo: in particolare, a non convincere è l’accento pronunciato dal pilota catturato ai suoi interroganti. Ed il mistero viene quindi svelato dal Washington Post: secondo il quotidiano della capitale federale statunitense, il pilota si chiama Jamie Sponaugle ed ha 31 anni ed è, soprattutto, un cittadino americano. Di lui inoltre si riesce a sapere il curriculum: risulta pilota e meccanico aereo già dal 2006, nel 2013 poi presta servizio presso la Florida Air National Guard fino alla fine del 2016. Il suo ultimo incarico è quello di tecnico dello spazio aereo, poi si perdono le sue tracce fino al giorno della sua cattura nel cuore della Tripolitania.

La mediazione saudita per il rilascio del prigioniero

Sono tanti però i dettagli ancora da svelare, così come risultano parecchi i contorni della vicenda che ancora non quadrano. Ci si chiede, in particolare, come mai un pilota americano lavora per l’aviazione di Al Sarraj in Libia, da chi viene ingaggiato e da quanto tempo è presente nel paese nordafricano. Ma anche quello che si sa adesso della sorte di Sponaugle appare comunque importante. Infatti, dopo circa un mese e mezzo di detenzione nelle mani degli uomini di Haftar, il pilota risulta rilasciato e libero. A confermarlo è Robert O’Brien, collaboratore di Trump per la politica estera, al Washington Post: “Siamo sempre lieti di vedere gli americani detenuti oltreoceano che sono tornati a casa dai loro amici e familiari – dichiara O’Brien –  Ringraziamo anche il regno dell’Arabia Saudita per il suo ruolo nel risolvere questo caso”.

In effetti, sempre secondo il quotidiano Usa, Sponaugle risulta adesso in Arabia Saudita e, da lì, dovrebbe essere portato poi negli Usa dopo alcuni esami medici e psichiatrici coordinati da funzionari delle locali rappresentanze diplomatiche americane. Dunque, è l’Arabia Saudita che riveste un ruolo importante nella vicenda: Riad si pone in questa situazione come mediatrice tra Haftar e gli Usa per il rilascio del mercenario al servizio di Al Sarraj. Una circostanza che conferma il ruolo saudita nell’intero contesto libico e, in particolare, il posizionamento del regno dei Saud al fianco del generale della Cirenaica.

Già da quando lo scorso 4 aprile i primi reparti dell’Lna avanzano in Tripolitania si sospetta un non secondario appoggio saudita all’operazione lanciata da Haftar. Colpisce, in particolare, la vicinanza tra la visita dello stesso generale a Riad, avvenuta il 31 marzo scorso, e l’inizio dell’azione militare su Tripoli. L’Arabia Saudita dunque, assieme agli Emirati Arabi Uniti, si conferma ancora una volta come una delle potenze regionali sempre più importanti all’interno dello scacchiere libico e determinanti nella guerra che da quasi tre mesi oramai interessa Tripoli.