Nel 2017, ultimo dato attendibile a cui poter fare riferimento, sono 36 milioni gli africani emigrati. Di questi, la maggior parte non raggiunge altri continenti ma rimane all’interno dell’Africa. In particolare, secondo i dati diffusi dall’Unctad (Agenzia Onu sul commercio e lo sviluppo) 19 milioni sono i migranti africani spostatisi da un Paese all’altro del continente nero, 17 invece quelli emigrati in Paesi extra africani.

I numeri delle migrazioni intra africane

In passato, specificano dall’Unctad, la forbice tra migrazioni intra africane ed extra africane è apparsa molto più netta: in particolare, fino agli anni 2000 tra i migranti africani quasi il 60% sceglie di rimanere nel continente nero. Oggi, come detto in precedenza, il divario è più ristretto ma in ogni caso risultano molto di più coloro che preferiscono restare in Africa e, in special modo, nei Paesi confinanti.

I numeri dicono pure che la stragrande maggioranza delle migrazioni avviene per la ricerca di lavoro e condizioni di vita più dignitose: una circostanza questa che riguarda sia i migranti intra africani che extra africani. Qualcosa come il 44% di coloro che lascia le proprie case per recarsi in altri paesi del continente nero, lo fa per trovare lavoro. Il 29% invece emigra per estrema povertà o per condizioni del proprio paese che denotano una certa instabilità. Solo il 2% invece che rimane in Africa chiede diritto d’asilo.

In una ricerca curata da Info.Cooperazione, i dieci Paesi africani da cui si pensa maggiormente di emigrare sono i seguenti: Capo Verde, Sierra Leone, Gambia, Togo, São Tomé and Príncipe, Sudan, Liberia, Zimbabwe, Malawi, Gabon. È pur vero però che, complessivamente, soltanto il 9% degli africani che pensano di emigrare effettivamente prova poi a cambiare Paese.

Gli Stati africani dove si dirigono i migranti

Nelle migrazioni intra africane a fare la voce grossa è il Sudafrica. Paese con mille problematiche al suo interno, tuttavia la nazione natale di Nelson Mandela è quella che offre ancora oggi maggiori opportunità lavorative ai migranti dei Paesi vicini. In Sudafrica infatti vi è un apparato industriale sviluppato da decenni che, pur tra tante difficoltà, continua ad essere solido. Inoltre anche le miniere forniscono una grande attrattiva per i cittadini dei Paesi confinanti. Verso il Sudafrica si dirigono in particolare cittadini del Lesotho, del Malawi, dello Zambia e del Mozambico. Non mancano nel corso degli ultimi anni specialmente episodi però di disordine pubblico, come dimostra la violenza esplosa nelle periferie delle metropoli sudafricane nel 2009 dove ad essere attaccati, da parte degli stessi neri sudafricani, sono i cittadini provenienti da altri Paesi africani.

Anche l’Uganda rappresenta uno dei Paesi in cui si emigra maggiormente dal resto dell’Africa: questo Stato è un vero e proprio riferimento per i cittadini della parte centrale del continente. Stesso discorso può essere fatto per l’Etiopia nel corno d’Africa e per Ghana e Costa d’Avorio per l’area sub sahariana. Soprattutto in Ghana arrivano cittadini del Mali, del Niger ed in parte della Nigeria. Quest’ultimo paese rappresenta un’attrattiva per altri africani solo nelle metropoli ed in particolare a Lagos.

Discorso a parte va fatto per la Libia: fino alla caduta di Gheddafi nel 2011, il Paese nordafricano assorbe una buona fetta delle migrazioni intra africane. Molti cittadini del continente nero si spostano in Libia attratti dalla necessità di manodopera per la crescente economia libica. Si calcola che fino al 2011 sono quasi 900mila gli africani arrivati nel Paese. Solo una minima parte di questi spinge per andare in Europa. Chiaro che adesso, con la guerra che da otto anni fa capolino, la situazione è di gran lunga diversa.

Le cause delle migrazioni interne all’Africa

Come detto in precedenza, gran parte delle migrazioni interne africane avvengono per motivi economici. Si cerca fortuna in quei Paesi dello stesso continente nero che possano dare, tra fabbriche e miniere di cui è ricca l’Africa, nuove prospettive di lavoro.

Ma non c’è soltanto la manodopera come fattore trainante delle migrazioni intra africane. Al contrario, emerge che la nascente classe media africana spinge in rialzo il numero dei migranti. Questo perché, in primis, si ha maggiore disponibilità economica per intraprendere i lunghi viaggi verso altre località. In secondo luogo, è proprio la classe media che preme per un miglioramento dei collegamenti interni alle varie regioni africane.

Inoltre vi è anche un’altra ragione più culturale: emerge infatti che un africano su quattro ha almeno un parente all’estero, sia all’interno che all’esterno del continente. La migrazione per gli africani è dunque un fatto non secondario ed anzi quasi consuetudinario. Aumentano infatti le migrazioni tra quei paesi interconnessi da accordi di libero scambio, come ad esempio nel caso dell’Ecowas, ossia dell’organizzazione che convoglia gran parte dei paesi del Sahel e dell’Africa occidentale.

L’incidenza nelle rotte mediterranee

In tutto questo, salta fuori quindi che la rotta mediterranea quantunque sempre più frequentata è anche, a livello numerico, quasi marginale nel fenomeno migratorio africano. Come detto in altre occasioni, il flusso di migranti che vira verso il Mediterraneo proviene dal Sahel e dal nord Africa, in minima parte anche dal corno d’Africa. Un flusso che converge in buon parte in Libia, da cui si intraprendono poi le traversate verso l’Italia. Ma in queste regioni, le migrazioni extra africane sono in minoranza: nel Sahel infatti, sono in tanti a preferire altri Stati confinanti a quelli europei, così come nel corno d’Africa si emigra maggiormente verso l’Etiopia. Tuttavia, la pressione demografica africana e l’instabilità politica del nord Africa, rischiano di far aumentare ulteriormente i numeri relativi alle rotte mediterranee. Rappresentando una nuova sfida per l’Italia.