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Sea Eye, Berlino si chiama fuori: "Gli immigrati? È compito della Ue"

Sono sempre in prima linea a fare la morale all'Italia, ma quando si tratta di mettere un freno alle loro ong i tedeschi tacciono

Sea Eye, Berlino si chiama fuori: "Gli immigrati? È compito della Ue"

Anche questa volta i tedeschi se ne lavano le mani. Come ha sempre fatto. Con la Sea Eye, che questa mattina ha recuperato 65 immigrati clandestini al largo della Libia, non muoverà un dito. Nemmeno dopo che Matteo Salvini ha chiesto al suo omologo Horst Seehofer di farlo. D'altra parte si erano già guardati dall'intervenire quando la Sea Watch zigzagava a ridosso delle acque territoriali italiane prima di forzare il divieto di ingresso e speronare una motovedetta della Guardia di Finanza per entrare nel porto di Lampedusa. Poi, però, quando si tratta di fare la morale all'Italia sono i primi a dichiarare che "salvare le vite non è mai un reato" e a criticare il nostro governo perché non apre i porti alle ong.

Nel Mar Mediterraneo operano due ong tedesche, la Sea Watch e la Sea Eye. Negli anni passati hanno scaricato diverse migliaia di immigrati sulle nostre coste senza che i precedenti governi di sinistra dicessero nulla. Da quando Salvini è arrivato al Viminale la musica è cambiata ed è stato messo un freno ai loro traffici. Da Berlino non è mai arrivata, invece, alcuna condanna del loro operato. Anzi, le hanno sempre tollerate sapendo che, a conti fatti, non avrebbero mai fatto rotta verso un porto tedesco. Nei giorni scorsi la cancelliera Angela Merkel ha addirittura fatto pressioni sul premier Giuseppe Conte perché facesse liberare Carola Rackete dagli arresti domiciliari. E per la capitana fuorilegge non ha mancato di intervenire pure il ministro degli Esteri, Heiko Maas. Quando, invece, si trattava di trovare un porto alla Sea Watch 3 si sono tutti tenuti lontani dai microfoni. L'unico ad essere intervenuto era stato il ministro dell'Interno Horst Seehofer che aveva stoppato l'iniziativa di una sessantina di sindaci che si erano offerti di accogliere i 53 disperati ancora a bordo dell'imbarcazione battente bandiera olandese.

A smascherare l'ipocrisia dei tedeschi è stato Salvini che oggi pomeriggio ha inviato a Seehofer una lettera (leggi qui) per invitare il governo tedesco ad assumersi le proprie responsabilità. Come gli ha ricordato il vicepremier leghista, il quadro normativo in vigore prevede che lo Stato di bandiera sia responsabile delle operazioni in mare e dell'individuazione di un approdo per la nave. "Qualsiasi eventuale deterioramento della situazione a bordo - ha fatto notare - non potrà non ricadere nell'esclusiva responsabilità dello Stato di bandiera e del Comandante e dell'equipaggio della Alan Kurdi". In serata il portavoce di Mass ha, però, replicato che l'obiettivo del governo tedesco è sì "trovare una soluzione rapida" al caso della Sea Eye, ma "prima bisogna offrire un porto sicuro" alla nave e poi si potrà "discutere della distribuzione dei migranti con gli altri" Paesi europei. Per il ministero degli Esteri della Germania, la gestione degli arrivi resta "compito" dell'Unione europea. "Dunque - taglia corto - ci devono essere più Paesi che partecipano all'accoglienza, nello spirito della solidarietà".

Oltre a predicar bene e razzolar male, il governo tedesco è da sempre campione di scaricabarile. Recentemente un'inchiesta di Repubblica ha svelato che i "dublinanti" vengono sedati e caricati sui charter per Roma. E ancora: negli stessi giorni in cui Merkel & Co. facevano la morale a noi per come abbiamo trattato la Rackete, le telecamere del Tg5 hanno immortalato gli strattoni dati dalla polizia bavarese a una migrante incinta (guarda il video). Eppure da sempre la cancelliera viene osannata dall'opinione pubblica (anche quella italiana) come la leader che, nel Vecchio Continente, più ha fatto per i richiedenti asilo. Nel 2015 il Time le ha addirittura dedicato una copertina per questo. La realtà, però, è un'altra.

E rispecchia maggiormente la brutale indifferenza con cui i tedeschi hanno finto di non vedere gli attacchi sferrati dalle loro ong alle nostre leggi, al nostro governo e al nostro Paese.

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