Lo scenario greco alla fine fa felice l’Europa: da un lato Bruxelles ha un governo “amico” figlio a sua volta di un panorama politico che non vede l’emergere di particolari forze euroscettiche, dall’altro il “passo indietro” dei greci che decidono di ritornare ad una sorta di “restaurazione” pre Tsipras può far rivendicare ai rappresentanti comunitari il mancato funzionamento delle strategie definite “populiste”.

Le prime mosse del nuovo premier

I risultati delle elezioni in Grecia di domenica scorsa parlano chiaro: l’elettorato ellenico ridà il paese in mano a Nuova Democrazia, il partito di centro – destra che governo con Samaras fino al 2015, anno in cui la crisi economica e sociale determina un ribaltone politico che porta per la prima volta la sinistra radicale al potere. Sembra la fine dei partiti tradizionali, con i greci disillusi per quanto visto dal 2009 in poi, da quando cioè i governi applicano senza remore le riforme lacrime e sangue imposte dalla troika. A distanza di quattro anni invece la situazione appare radicalmente diversa: se da un lato il Pasok, il partito socialdemocratico che assieme a Nuova Democrazia si alterna nel bipolarismo ellenico pre 2015, scompare del tutto dall’altro proprio Nuova Democrazia trova lo slancio per riprende quota.

Il 40% degli elettori greci sceglie questo partito, più per la delusione della mancata discontinuità che ci si aspetta da Tsipras che per fiducia reale al leader del centro – destra, Kyriakos Mitsotakis. Quest’ultimo gode certamente della fiducia da parte dell’Europa e la sua formazione culturale e politica del resto appare abbastanza vicina a Bruxelles. Non a caso tra i primi a congratularsi con Mitsotakis è il presidente della commissione Ue Junker. Anche perché la sua è una vittoria decisamente rotonda: avere la maggioranza assoluta assicura una legislatura stabile, senza compromessi con altri partiti e senza il dovere di cercare nuove alleanze.

Mitsotakis ha già giurato ed il 21 luglio, con la fiducia del parlamento, sarà pienamente operativo. Il suo è un programma liberale, che prevede come prime mosse due elementi fondamentali: tagli alla spesa e tagli alle tasse. La pressione fiscale in Grecia è tra le più pesanti in Europa, il tema nel paese è molto dibattuto: ciò che Mitsotakis vorrebbe attuare è in sostanza una cura in grado di incidere in modo più incisivo sulla crescita. Dunque maggiori possibilità di fare impresa e meno tasse proprio per imprese e ceto medio.

Le possibili divergenze con l’Europa

Ma non tutti i punti sono proprio in linea con quelle che sono le posizioni comunitarie. C’è una parte del programma di Mitsotakis che di fatto rappresenta una decisa linea di continuità con quanto fatto negli ultimi anni, anche sotto la gestione di Tsipras. E cioè privatizzazioni e liberalizzazioni in molti settori, anche strategici. Ma il punto che forse consente a Nuova Democrazia di vincere le elezioni, è il più controverso: quello per l’appunto del taglio delle tasse. In Europa c’è chi tentenna e non poco, a partire dal ministro delle finanze olandese Hoekstra, che rappresenta probabilmente il malumore di chi non appare propenso a concedere quella flessibilità sui parametri di bilancio necessario a Mitsotakis per mettere a segno i suoi principali obiettivi.

Il nuovo premier deve quindi effettuare un lavoro diplomatico non indifferente: da Atene la nuova governance potrebbe giocare la carta dell’immagine di una Grecia che non solo, a costo di immani sacrifici, ha già fatto i suoi compiti, ma che nonostante la grave crisi sociale mette all’angolo i partiti euroscettici. Un modo per dire che Atene è affidabile e che occorre adesso concedere agli ellenici maggiore fiducia. Per farlo Mitsotakis gioca la carta anche della nomina a ministro delle finanze di Christos Staikouras, già a capo di questo dicastero dal 2012 al 2015 e personaggio molto gradito all’Europa (ma pochissimo ai greci). Ma il compito del nuovo premier risulta in salita: anche lui, ben presto, potrebbe entrare nel novero dei leader dei paesi europei più in crisi costretti a fare i conti con il muro quasi invalicabile di Bruxelles.