In Libia il conflitto come si sa è in una fase di stallo: oramai è da settimane che le milizie del premier Fayez Al Sarraj da un lato e quelle del generale Khalifa Haftar dall’altro si fronteggiano senza far segnare variazioni di rilievo lungo il fronte, eccezion fatta per la cittadina di Gharyan passata nuovamente nelle mani di Tripoli. Al tempo stesso però, non sembrano emergere elementi che possano in qualche modo far sperare in un cessate il fuoco. Entrambe le parti non riescono a sfondare ed a raggiungere i rispettivi obiettivi nonostante continuino ad essere armate dai vari sponsor internazionali. Sorge quindi spontanea una domanda: esistono elementi in grado di sbloccare lo stallo del conflitto?

Le due parti ridotte quasi allo stremo

L’impressione che si ha in queste ultime settimane, è che sia le forze di Al Sarraj che quelle di Haftar non abbiano le potenzialità necessarie a prevalere l’una sull’altra. Haftar controlla buona parte del paese, ma non è in grado di sfondare la linea difensiva di Al Sarraj, quest’ultimo tiene lontane dal centro di Tripoli le forze rivali ma non ha i mezzi per riprendere il controllo della Tripolitania. Ecco perché sta diventando una guerra di posizione che, come tale, rischia di logorare gli attori sul campo.

Nemmeno gli aiuti dei rispettivi sponsor internazionali riescono a sbloccare la situazione, segno di come lo stallo potrebbe contrassegnare ancora a lungo il fronte a sud di Tripoli. Questo comporta problemi sia per Haftar che per Al Sarraj. Il generale non riesce nell’intento di attuare una guerra lampo, né tanto meno ad entrare nella capitale libica nel giro di poche ore dall’inizio della sua operazione lo scorso 4 aprile. Il premier ad interim dal canto suo, sa di poter contare su un gruppo eterogeneo di milizie tenute unite solo dalle velleità anti Haftar e questo, in un conflitto che oramai purtroppo guarda a lungo termine, è un elemento destabilizzante per la tenuta del governo di Tripoli.

Haftar ed Al Sarraj temono tradimenti interni

Ed ecco quindi che si ritorna alla domanda di prima: c’è qualche elemento in grado, ad oggi, di sbloccare questa situazione in un verso o nell’altro? La risposta è affermativa, ma non va ricercata negli aiuti esterni che giungono in Libia, bensì nella situazione interna ai due principali schieramenti. Come detto, entrambe le forze appaiono logorate da un conflitto emerso quasi di sorpresa e con esiti altrettanto diversi da quelli attesi. Lecito pensare quindi che, all’interno dell’Lna di Haftar o del gruppo di milizie che sostengono Al Sarraj, possa emergere a breve qualche elemento destabilizzante.

Un segnale in tal senso arriva dall’attentato di Bengasi della scorsa settimana. Chi ha pianificato quell’attacco conosce bene gli spostamenti di alcuni elementi di spicco dell’Lna di Haftar. Infatti l’ordigno che causa quattro vittime, viene piazzato presso il cimitero della città libica mentre sono in corso le esequie di un generale morto pochi giorni prima per una malattia. Un attentato svolto da chi evidentemente sa giorno ed orario di un funerale in cui è lecito aspettarsi la presenza di molti membri dell’esercito di Haftar. Ed all’uomo forte della Cirenaica questa circostanza non sfugge: poche ore dopo l’attacco, è lui stesso ad ordinare un’inchiesta interna. Emerge forte il sospetto, nella mente di Haftar, che qualcuno delle sue stesse forze di sicurezza possa aver collaborato con gli attentatori e che dunque esistano dei traditori interni.

A Tripoli invece, la preoccupazione di Al Sarraj consiste nell’eterogeneità dei gruppi che lo sostengono. Milizie e sigle appaiono accomunate solo dalla volontà di difendere la capitale e di considerare Haftar un nemico. Un calderone a cui parteciperebbero anche formazioni islamiste e gruppi più estremisti. Il collante della guerra al generale, potrebbe a lungo andare venir meno: con l’uomo forte della Cirenaica oramai respinto o quasi da Tripoli e con la guerra che non genera altre prospettive concrete di riconquista della Tripolitania, alcune delle sigle più discusse potrebbero anche decidere di provare un cambio di guardia all’interno della capitale. Una circostanza da sempre ben presa in considerazione anche dallo stesso entourage di Al Sarraj. Un elemento che ben conoscono all’interno del quartier generale di Haftar, anzi lo stesso generale nei primi giorni dell’offensiva su Tripoli parla della necessità di liberare la città dai ricatti di molte milizie vicine al governo.

Ecco quindi lo scenario che potrebbe portare ad una svolta: una crisi interna di una delle due parti impegnate in una guerra che logora ogni giorno di più le forze sul campo. Sia Haftar che Al Sarraj sembrano quasi aspettare chi per primo, in questo contesto, ceda alla distanza. Se il generale per via della delusione avanzante dentro l’Lna, oppure l’attuale premier per un colpo di mano attuato dalle milizie più estremiste.