Cronaca locale

Fuga milanese alla marinara nella Torre di D'Annunzio

Portonovo (Ancona) è una delle località più amate dai lombardi. Piatti freschi e siti storici da esplorare

Fuga milanese alla marinara nella Torre di  D'Annunzio

Verso la Baia Verde. Molti sono i milanesi che si sono innamorati di Portonovo, splendido gioiello nel Parco del Conero, poco a Sud di Ancona. Conero deriva dal greco Komaros, corbezzolo o ciliegio marino, tipico arbusto della macchia mediterranea. Dobbiamo attraversarla per giungere giù, in riva al mare, ma prima il Poggio, terrazza naturale con vista mozzafiato. Qui sono numerose sono le aziende vitivinicole e agricole, come la Benadduci-Tagliarini: tre belle e accoglienti case (Gialla, Pietra o Gigli) e prodotti che vanno dal grano a ceci e lenticchie, da olio a miele. Poco distante - non è tra gli indirizzi ma si può facilmente trovare - c'è la Chiesa di Santa Lucia, di origini medievali, oggi interessante museo delle Arti e mestieri con una raccolta di oggetti della vita rurale e delle tradizioni del territorio.

Scendiamo per la breve strada che porta al mare. Ecco il Fortino Napoleonico. Edificato nel 1810 da Eugène de Beauharnais, figliastro di Napoleone, costituiva parte del sistema continentale che sorreggeva il blocco contro gli inglesi. Restaurato negli anni '60 ospita la più suggestiva struttura alberghiera di Portonovo. Anche la Torre di Guardia aveva scopi difensivi. Se ne deve la costruzione (1716) a Papa Clemente XI Albani. Alla fine dell'Ottocento fu acquistata dal poeta Adolfo De Bosis e divenne meta prediletta dell'amico Gabriele D'Annunzio. Oggi ospita eventi e mostre. La chiesa di Santa Maria di Portonovo è uno degli esempi più interessanti di architettura romanica dell'Italia centrale a cinque navate con cupola ottagonale d'ispirazione bizantina. Risalente al 1034, rimase miracolosamente intatta durante le incursioni barbaresche e ha rappresentato per quasi 700 anni l'unico edificio di tutta la Baia.

Molto più recente, ma non meno interessante, il Clandestino Susci Bar, uno dei ristoranti di Moreno Cedroni, che deve il suo nome a «Clandestino» di Manu Chau e propone la cucina del cuoco della Madonnina del Pescatore, intreccio di sapori tra oriente e occidente, che lo hanno reso unico: ricciola, salicornia, salsa di piselli e acetosella, verdure fermentate; tonno bianco fritto, poco cotto, panure ai pistacchi, salsa di mandorle, foglie di senape; pizzetta con sgombro, burrata e pomodorini. A Portonovo si vive dalle 8 di mattina a tarda notte, lo stabilimento da bagno è un tutt'uno con il ristorante. Spiaggia Bonetti ne è un esempio. Cappuccino e brioche, lettino e ombrellone. A mezzodì insalatone freschissime, carpacci di pesce e di carne. E poi panini, club sandwich. Aperitivo al tramonto e i giovedì d'estate musica. Pesci fuori d'acqua è il più giovane ristorante di Portonovo. Pesce, certo, dagli spaghetti con i moscioli (le cozze selvatiche che si trovano solo qui) di Portonovo allo stoccafisso all'anconetana, ma anche un'ottima pizza, dal forno a legna.

Finiamo con i tre grandi classici di Portonovo. Giacchetti quest'anno compie sessant'anni. Aroldo e Dario, pescatori, crearono un posto per cambiarsi e per accogliere i clienti. Giacchetti è passato da panini, bibite e «merenda della domenica» (prosciutto e cozze) a ristorante con vista: paccheri con moscioli e finocchio selvatico, guazzetto di pesce ai frutti di mare, brodetto all'anconetana. Da Emilia adesso cucina Marisina, la figlia minore. Cavallo di battaglia la grigliata mista, ancora oggi preparata sulla brace. Speciale il bollito misto (di pesce) con maionese fatta in casa.

Ho lasciato per ultimo uno dei miei posti del cuore, Marcello al Laghetto. Il locale sta tra la spiaggia di ciottoli e i due laghetti salmastri, tra i simboli di Portonovo. Chi vi passa accanto non sa che un tempo, una setta di vendicatori, vi gettava i cadaveri dei nobili trucidati perché si macchiavano della spregevole pratica dello ius primae noctis. Marcello è un gigante dalla finta ruvidezza e dalla grande umanità. Se vi prenderà in simpatia oltre alle raguse in porchetta (numero 1) ai moscioli con le molliche, ai leggendari ciavattoni allo scoglio, alle chitarrine con le vongole e alla straripante frittura, vi offrirà racconti di vita. Da ragazzo era idraulico e, per incrementare le entrate, garzone all'osteria di Anna «la zozza». Il sogno era la «corriera rossa», come venivano chiamate le banconote da diecimila lire. Sperava di metterne insieme un po' per aprire il suo ristorante.

Per fortuna, sua e nostra, la corriera è arrivata.

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