Cronaca locale

Clip 5, voci emergenti e storie del mondo al concorso di Meyer

Da Milano a Portofino al festival presieduto dal sovrintendente Scala. Centinaia in gara

Clip 5, voci emergenti e storie del mondo al concorso di Meyer

Potere del belcanto, non solo momento alto dell'arte vocale con tutto quello che ne fa scaturire. Ma anche, nel suo essere ormai molto global, veicolo che trasporta e fa conoscere storie e personaggi dei più diversi Paesi del mondo. Quelli, anche e magari, poco considerati dalla politica internazionale, comunque forieri di fatti e volti da raccontare. Già, proprio così.

Più di qualche esempio si trova a «5° Clip», quinto Concorso lirico internazionale e festival di Portofino di giovani voci d'eccellenza gratuito e aperto al pubblico. Da domani al 26 luglio presso il Teatrino e Piazzetta di Santa Margherita Ligure, Villa Durazzo - un luogo molto amato anche dai milanesi - ecco prendere vita il progetto dell'associazione musicale «Giovanni Bottesini» di Crema. Curiosità non da poco: in prima fila nella giuria, come presidente, c'è Dominique Meyer, direttore dell'Opera di Vienna nonché nuovo (futuro) sovrintendente scaligero destinato presto a prendere servizio al Piermarini. Un concorso quello che presiede che apre le porte ai popoli di tutti i continenti. Centinaia di giovani cantanti provenienti da ogni dove 283 lo scorso anno una giuria di assoluta eccellenza che unisce i direttori e casting director dei teatri di Venezia, Mosca, Bruxelles, Firenze, Amsterdam e Amburgo. E sullo sfondo una miriade di storie. Qualche esempio.

Chi direbbe che nell'Africa che alcuni conoscono solo per gli sbarchi, le scuole di belcanto stanno prendendo piede? Questa è la storia di Siyabonga Maqungo, tenore, secondo classificato edizione Clip 2018. Nato nel 1989 a Kathlehong, una township poverissima di Johannesburg, rimane orfano di entrambi i genitori piccolissimo e lo crescono i fratelli e le sorelle maggiori. Comincia a cantare nel coro della chiesa e durante un concorso per cori, quando ha 16 anni viene notato dal maestro Richard Cock che lo invita per un'audizione. Oggi fa parte dell'ensemble di Chemnitz in Germania e ha già cantato in diversi teatri importanti, tra cui il mese scorso alla Staatsoper di Berlino, dove il maestro Barenboim gli ha affidato la parte di David nei «Meistersinger». L'ambiente nel quale è cresciuto è fatto di spacciatori e bande ma eccolo qui, vincitore in piazzetta a Portofino e bella carriera internazionale. E ancora.

Che ne sapremmo dell'Asia e delle sue repubbliche uscite dal crollo sovietico se le storie dei nuovi cantanti non ci portassero testimonianze da quei Paesi. Si prenda quella di Lilly Jorstad, mezzosoprano, vincitrice dell'edizione Clip 2016. È nata in Tatarstan nel 1986, poi trasferita in Astrakhan e infine in Norvegia dove ha preso la nazionalità a un anno e mezzo prende una fortissima polmonite. Nonostante terapia intensiva di antibiotici ha passato nove mesi sempre in ospedale, finché la madre ha deciso di seguire una terapia alternativa con esercizi di respirazione profonda e all'età di tre anni comincia a farla cantare per espanderle i polmoni. Tra il 1991 e il 1999 cinque medici diversi consigliano di asportare la parte bassa del polmone sinistro, in quanto in caso contrario non avrebbe raggiunto i 23 anni di vita. La madre si oppone e continua sotto la propria responsabilità a intensificare le lezioni di canto e i fatti le danno ragione. Oggi ha 33 anni, ha successo e sta bene.

Clip, coi suoi 300 iscritti all'anno provenienti da tutti i continenti e da Paesi di cui spesso si fa fatica a memorizzare il nome, è solo la platea più evidente di questo fenomeno. Ma l'Arena col suo centinaio di cantanti che la popola ogni anno è mondo.

Un esempio è pure Dudnikova in debutto per «La Carmen»: mezzo soprano Uzbeko, Ksenia Dudnikova che oltre ad essere di una bellezza imbarazzante quanto lo era Netrebko da giovane, proviene da una delle aree più travagliate e meno conosciute del mondo, ha già debuttato nei migliori teatri del mondo e pur se cresciuta nelle scuole moscovite, può dare un quadro reale del travaglio della provincia uzbeka dopo la caduta dell'Urss, tra povertà, se non proprio miseria assoluta, rigurgiti neoislamici, terrorismo islamico, durissima repressione contro il medesimo, stragi dimenticate come il Massacro di Andijan (sua città natale) del 2005 compiuto dall'esercito ai danni dei manifestanti islamici e che è costato al Paese un durissimo embargo internazionale.

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