Le ong nel Mediterraneo

Sea Watch, cos'è e chi la finanzia

Fondazione, finanziamenti ed obiettivi della Sea Watch, l'Ong tedesca che da diversi mesi è al centro di un vero e proprio braccio di ferro con il governo italiano

Sea Watch, cos'è e chi la finanzia

Sea Watch è un'organizzazione non governativa fondata in Germania ed avente sede a Berlino e il suo presidente e legale rappresentante è Johannes Bayer. La Sea Watch si rende protagonista soprattutto negli ultimi mesi del braccio di ferro tra le ong impegnate nel recupero di migranti in mare ed il governo italiano, così come dimostra dall’ultimo caso relativo a Carola Rackete.

La fondazione di Sea Watch nel 2014

L’organizzazione non governativa tedesca viene fondata sul finire del 2014 quando si fa strada, tra alcune associazioni, l’idea portata avanti da Harald Höppner, un commerciante tedesco che investe molti dei suoi risparmi nell’acquisto di una nave in grado di essere impegnata nel Mediterraneo per attività di soccorso.

In quel periodo si assiste ad un aumento delle partenze dalle coste libiche, soprattutto a causa dell’instabilità in cui imperversa il Paese nordafricano la quale favorisce l’attività delle associazioni criminali che lucrano sui cosiddetti “viaggi della speranza”.

Il finanziamento di Höppner, al pari di quello di altri privati accomunati dalla volontà di intraprendere operazioni di soccorso in mare, sortisce l’effetto di dare vita all’organizzazione non governativa denominata per l’appunto “Sea Watch”. Il “battesimo” ufficiale della ong si tiene il 19 maggio 2015 a Berlino.

L’obiettivo e le ideologie dietro la Sea Watch

Come detto, il primo obiettivo della Sea Watch è quello di intraprendere attività di soccorso in mare. L’Ong è formalmente un’organizzazione non governativa umanitaria no profit che fornisce aiuti umanitari attraverso il soccorso marittimo immediato. Per far questo, con i fondi raccolti da Höppner e dagli altri privati l’ong acquista una nave la quale è usata quindi per le attività di ricerca e soccorso di migranti nel Mediterraneo.

Ma dietro gli obiettivi della Sea Watch, si celano ovviamente anche intenti prettamente politici che fanno capo ad ideologie molto vicine ad ambienti cosiddetti “no border” e della sinistra estrema. Sotto questo profilo infatti, viene propagandata l’idea di un più facile accesso dei migranti in Europa tramite soprattutto la creazione di corridoi umanitari in grado di accogliere coloro che intraprendono i viaggi della speranza lungo il Mediterraneo.

L’Ong Sea Watch vede inoltre, al pari di altre organizzazioni impegnate in questo campo, nelle azioni di respingimento dei barconi atti in grado di peggiorare la situazione umanitaria e di mettere in pericolo la vita stessa dei migranti. Per questo più volte la Sea Watch chiede maggiore responsabilità in chiave europea e l’intensificazione delle attività di soccorso nel Mediterraneo.

Chi finanzia la Sea Watch

Dai bilanci del 2018, si evince come l’incasso complessivo della Sea Watch sia di 1.797.388,49 euro, a fronte di spese per 1.403.409,26 euro: il 55,9% è andato a finanziamento della nave Sea Watch 3, il mezzo dell’Ong maggiormente finito sotto il clamore mediatico per le attività in mare negli ultimi mesi.

Il sito della Sea Watch specifica che gran parte degli incassi sono dovuti a donazioni. Tra i principali finanziatori, come riporta ilGiornale, c'è la Chiesa Evangelica tedesca la quale sostiene anche politicamente le azioni delle ong.

Tra chi contribuisce al finanziamento della Sea Watch, figurano inoltre Anton "Toni" Hofreite, capogruppo dei Verdi nel Bundestag, così come Gregor Gysi, ossia l’ultimo leader della Germania Est pro Gorbaciov, e l’ex europarlamentare del Pd, Elena Ethel Schlein.

Le prime missioni nel Mar Egeo del 2015

Dopo la presentazione ufficiale della ong avvenuta,come detto, il 19 maggio 2015, nel mese di giugno prendono il via le missioni vere e proprie della Sea Watch. La prima in assoluto avviene con l’ausilio di due motoscafi a supporto della International Maritime Rescue Federation, con la quale collabora nel Mar Egeo.

Infatti in quel momento è la cosiddetta “rotta balcanica” ad avere il maggior numero di migranti, con la tratta tra Turchia e Grecia che appare la più trafficata ed anche quella dove avvengono purtroppo il maggior numero di naufragi. Per questo motivo gran parte delle prime attività svolte a partire dalla metà del 2015, vengono intraprese proprio nel Mar Egeo.

Le missioni nel Mediterraneo centrale

Ma la Sea Watch punta ovviamente anche la rotta libica e dunque la tratta dei viaggi della speranza che attraversa il Mediterraneo centrale. Negli anni successivi a quello della fondazione, l’Ong riesce ad acquistare le navi per intraprendere le missioni di soccorso tra Libia ed Italia. La Sea Watch 2 tra il 2016 ed il 2018 risulta quella più impegnata, con diverse centinaia di migranti a cui l’Ong presta soccorso. È proprio nel Mediterraneo centrale che la Sea Watch sposta il baricentro del suo raggio d’azione.

Le controversie

In tutto ciò ovviamente non mancano episodi contraddittori destinati a suscitare anche polemiche di natura politica. In primo luogo, i critici delle attività della Sea Watch rimproverano all’organizzazione il fatto di spingersi sempre più verso la Libia, andando a prendere i migranti praticamente a ridosso delle coste del paese nordafricano per portarli poi in Italia.

I membri della Ong si giustificano affermando il principio di inderogabilità relativo al salvataggio delle vite umane, ma tra i più critici emergono anche coloro che puntano il dito non solo contro la Sea Watch ma anche contro le altre Ong per presunti contatti con scafisti africani.

Sotto il profilo politico le accuse diventano più incisive nel 2017, anno in cui il governo di centrosinistra di Paolo Gentiloni in Italia elabora il primo codice di comportamento delle ong, il quale riguarda anche la Sea Watch. Ad elaborare tale codice è l’allora ministro dell’interno Marco Minniti.

I casi riguardanti la Sea Watch 3 e Carola Rackete

Ma l’apice dello scontro tra la Sea Watch ed il governo italiano, lo si raggiunge con l’insediamento dell’esecutivo “gialloverde” guidato da Giuseppe Conte che vede al suo interno la presenza del leader leghista Matteo Salvini quale nuovo ministro dell’interno.

Quest’ultimo vieta a molte Ong di entrare nei porti italiani, accusando le stesse organizzazioni di incentivare l’immigrazione e di rendere un indiretto servizio ai trafficanti di esseri umani.

La Sea Watch è protagonista con due casi molto importanti nel braccio di ferro tra governo ed Ong, in entrambe le volte l’organizzazione tedesca compie soccorso a largo della Libia con la nave Sea Watch 3.

Il primo caso si ha nel maggio del 2019, quando il capitano del mezzo Arturo Centore forza il blocco di ingresso in acque italiane imposto dal Viminale, facendo sbarcare i migranti a Lampedusa.

Il secondo caso invece è del 29 giugno e vede protagonista il capitano Carola Rackete, con quest’ultima che sperona una motovedetta della Guardia di Finanza a Lampedusa per sfidare il blocco ancora una volta imposto dalle autorità italiane.

Il caso, per via dell’arresto prima e della liberazione poi, della stessa Carola Rackete appare come uno dei più importanti a livello politico degli ultimi mesi.

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