La crisi di governo in Italia riguarda anche l’Europa e i rapporti diplomatici tra Roma e i suoi maggiori alleati, in Ue e dall’altra parte dell’Atlantico. Ed è proprio sull’asse atlantico che si possono rintracciare i più interessati osservatori di questa escalation di tensione a Palazzo Chigi. Perché l’italia interessa eccome nello scacchiere politico continentale. E da Washington sono fortemente intenzionati a capire da che parte va il nostro Paese, soprattutto perché l’amministrazione di Donald Trump ha da tempo chiarito che Roma può essere un partner formidabile nella strategia americana per l’Europa e per il Mediterraneo allargato. Ma vuole garanzie (e le ha sempre volute). E queste garanzie, il governo gialloverde, che pure ha avuto la benedizione della Casa Bianca, non è riuscite a darle.

Gli Stati Uniti si aspettavano un maggiore allineamento da parte del governo guidato da Giuseppe Conte su diversi dossier. Invece, i desiderata di Trump e dei suoi più alti funzionari (in primis John Bolton e Mike Pompeo) si sono scontrati con una realtà molto più variegata. L’anima pentastellata dell’esecutivo ha frenato su molti dei più importanti dossier che interessano agli Stati Uniti, dalla questione cinese all’accordo sugli F-35 passando per il gasdotto Tap e la questione “trivelle” fino al Venezuela. Tutti punti su cui invece la Lega ha mostrato di essere perfettamente aderente alla linea strategica americana: prova ne è che su questi temi c’è stato anche uno scontro durissimo all’interno del governo tra l’anima sovranista/atlantica del Carroccio e l’anima più “ribelle” e aperte alla Via della Seta rappresentata in particolare dal Movimento 5 Stelle.

Ora che sembra che l’esperienza di governo sia arrivata al capolinea, gli Stati Uniti osservano i movimenti italiani con molto interesse. Perché è chiaro che un prossimo governo, in caso di elezioni anticipate, non possa non essere composto in larga parte da rappresentanti leghisti .E questo servirebbe a Trump per avere un alleato nel Vecchio continente in un momento in cui Angela Merkel appare sempre più in difficoltà e l’Unione europea, con l’ascesa di Boris Johnson nel Regno Unito, sembra ormai certa di perdere Londra dal novero dei suoi membri. Un governo sicuramente più allineato e che confermerebbe che, al contrario di quanto si possa pensare, la questione geopolitica per l’Italia non è la scelta tra Russia e Stati Uniti (e i rapporti tra Casa Bianca e Cremlino lo dimostrano) quanto la scelta tra Washington e Pechino e in parte tra Washington e Berlino. È in questi campi che si giocano le partite più importanti. E il governo Usa sa perfettamente che dalla Lega può aspettarsi una scelta netta sia nel contrasto all’espansione della Cina che nella volontà di non aderire pienamente ai dettami dell’Unione europea a trazione franco-tedesca.

Dal punto di vista strategico, la lega ha già fatto capire di essere allineata al piano Usa. Per quanto riguarda la Difesa, il governo italiano ha avuto proprio nel Carroccio il più forte sostenitore della decisione di andare avanti con il contratto degli F-35. E visto che il progetto dovrà essere confermato a settembre, è chiaro che il poco decisionismo di Elisabetta Trenta sul punto non possa piacere al governo americano che sui nuovi caccia ha puntato tantissimo e che è convinto da sempre che i Paesi Nato debbano allinearsi a questo progetto e che soprattutto debbano dare più garanzie economiche e militari nell’ambito dell’Alleanza atlantica. Agli F-35 si aggiunge poi la questione 5G, su cui Washington aveva puntato tantissimo quando l’Italia aveva avuto, specialmente con Luigi Di Maio, dei tentennamenti filocinesi aprendo a Huawei. La questione golden power, con il decreto per ora decaduto, è essenziale per capire i poteri che avrà l’esecutivo italiano per scegliere a chi assegnare la rete del futuro. E dagli Usa è già arrivato il “no” alle aziende cinesi in questo asset strategico. Idem per i porti di Genova e Trieste.

L’assedio all’Europa a trazione franco-tedesca e il contrassalto alle mire cinesi passa anche per Roma. E mentre Sergio Mattarella e lo stesso premier Conte rappresentano le garanzie europeiste rispetto alla sponda atlantica, da Washington adesso vorrebbero avere più certezze. L’amministrazione Trump ha già benedetto Matteo Salvini e il suo partito, specialmente dopo i viaggi di Guglielmo Picchi e Giancarlo Giorgetti e la visita dello stesso leader della Lega. E adesso, con la crisi di governo, da Washington potrebbero anche decidere di sostenere ancora di più la frattura.