Politica

La metamorfosi di Conte

La metamorfosi di Conte

F ino a che punto, Matteo, vuoi abusare della nostra pazienza? Dicono che Giuseppe Conte, negli ultimi giorni, si senta un po' Cicerone. Il ruolo di Catilina, chiaramente, spetterebbe a Salvini. Il premier, in attesa di sfiducia, non è più il garante del patto di governo. Non è il notaio che ha fatto sedere allo stesso tavolo grillini e leghisti. Non è neppure l'avvocato del popolo del debutto a Palazzo Chigi. Non è più il presidente del Consiglio per caso, la testa di legno, il passacarte. È un politico. Lo è diventato, mese dopo mese, con i sussurri del Quirinale, la complicità di Tria e il riconoscimento di chi sta in Europa. L'ultimo passo lo deve a Salvini. La crisi ha illuminato un ring e su quel quadrato si sono ritrovati, per il momento, solo loro due. Matteo, che lancia la scomunica dalla spiaggia, e Giuseppe, che lo richiama in Parlamento. È qui che si fa politica. È qui che si lavora. Il leader leghista lo accontenta presentando la mozione di sfiducia al Senato. L'indice è puntato in faccia al premier. È lui il nemico.

Conte incassa e si rappresenta come l'anti-Salvini, il suo avversario, l'uomo che incarna il mos maiorum, il canone, le regole classiche della democrazia. Il premier indossa la toga e chiama a raccolta tutti quelli che non si riconoscono nella politica del ventre balneare. Questo diventa il suo punto di forza e oscura non solo un Di Maio ormai al tappeto, simbolo del fallimento a Cinque stelle, ma perfino chi da tempo si candida alla successione. Conte fa apparire Di Battista e Fico come figure marginali, periferiche, già vecchie. Non possono essere loro i campioni del Movimento.

Conte moderato, Conte europeo, Conte istituzionale, Conte che rassicura le banche e gli industriali, Conte che negli ultimi tempi piace anche ai non grillini. È un successo per un personaggio che è stato scelto come premier non certo per la fama o il carisma. La sua fortuna è che Salvini, dopo aver esaurito con Carola le figurine con cui polemizzare, si è guardato intorno e ha visto lui: il premier senza qualità. Errore. Salvini lo ha sottovalutato e lo ha reso più forte.

La partita di Conte, infatti, è appena iniziata. Mattarella gli sta chiedendo di gestire questa stagione incerta. Tutto sta andando troppo veloce e serve un punto di riferimento per arrivare al voto. Al notaio ora tocca indossare i panni di capo di un governo di scopo. Per fare cosa? Qui si entra in un orizzonte indefinito. Di certo Conte deve allontanare Salvini dai comandi della macchina. Non può essere l'attuale ministro dell'Interno a gestire le prossime elezioni. Il resto si vedrà un passo alla volta. Salvini vuole andare al voto a ottobre. Non ci sono santi. Gli altri cercheranno di rosicare tempo, spingendo la notte un po' più in là, magari verso la fine dell'inverno. In mezzo c'è la manovra economica, lo spread, le fibrillazioni dei mercati, la voracità di chi scommette sul fallimento dell'Italia, la resistenza di parlamentari che non hanno alcuna voglia di suicidarsi in fretta. È in questo spazio pieno di imprevisti e opportunità che Conte comincia a immaginare il proprio futuro. L'avventura è finita qui? Si torna a casa a occuparsi di contratti? Si scende dal palco? Non è facile quando davvero cominci a sentirti un po' Cicerone contro Catilina, quello che salva la Repubblica dall'insidia populista. Ecco il punto. Qualcuno potrebbe vedere Conte come candidato premier dei Cinque Stelle, in fondo, in questo momento, chi è più popolare di lui nella start up di Casaleggio? Solo che questa sarebbe una rifondazione grillina.

Ci vuole coraggio e non è detto che ci sia. Conte potrebbe spendersi come volto di una grande alleanza anti sovranista. Tutti dentro: dal Pd ai grillini, dal centro alla sinistra, con una lista Conte come garante di un mega patto elettorale. È molto improbabile. Zingaretti non ha alcuna voglia di fare un passo indietro e già si vede capo dell'opposizione.

Non è neppure il caso di parlarne con Renzi e con i capi e capetti dell'arcipelago che ronza intorno al Pd.

Ci vuole, insomma, troppa fantasia per immaginare il destino politico di chi ha danzato in primo piano per una sola estate.

Commenti