Cultura e Spettacoli

Abi Lebovich la stella del jazz di Israele tra folk e hip hop

Non risulta, salvo errore, che finora il jazz d’Israele sia stato ospitato in Italia per concerti di rilievo. Quindi l’arrivo in prima e unica data italiana del trombonista Avi Lebovich con la sua orchestra - chiamata semplicemente The Orchestra - per il terzo appuntamento di Aperitivo in Concerto domani mattina alle 11 al Teatro Manzoni, ha anche il valore di una prima assoluta. The Orchestra si compone di 16 musicisti (tre trombe, quattro sassofoni, tre tromboni compreso il direttore, tastiere, chitarra, violoncello, contrabbasso, batteria, percussioni) e pertanto è a tutti gli effetti quella che gli americani chiamano una jazz big band, una grande orchestra di jazz.
Con ciò, Aperitivo si mostra subito consapevole del ritorno alla ribalta delle big band sul modello degli anni Trenta del secolo scorso. Ma c’è una differenza sostanziale che rispecchia oggi la difficile congiuntura economica del mondo occidentale. Quelle orchestre erano gioiose macchine da ritmo che celebravano il Newdeal dopo la grande crisi del 1929; le attuali sono piuttosto rifugi di sicurezza dove i musicisti si ritrovano insieme.
Il tema di questa ventiseiesima stagione, com’è noto, è l’interesse di Aperitivo per le componenti musicali delle diaspore dei neri e degli ebrei, rappresentate soprattutto dalle città di New York e di Tel Aviv. E da Tel Aviv, centro di un melting pot analogo a quello della Grande Mela americana, proviene appunto Avi Lebovich, solista e arrangiatore che ha collaborato fra gli altri con Chick Corea, Roy Hargrove, Wynton Marsalis, Slide Hampton di cui è stato allievo, Milton Jackson e James Moody. Il suo merito principale è aver riunito in The Orchestra i solisti più ammirati della scena musicale israeliana, coniugando il jazz con le influenze musicali provenienti dal Medio Oriente. In questo modo ha dato vita a una formazione capace di notevole varietà interpretativa ed espressiva che ha nel suo repertorio gli standard del jazz contemporaneo, il rock, l’hip hop e l’elettronica.
È opportuno porre in rilievo che per l’alto livello conseguito, Avi Lebovich & The Orchestra si pongono con pieno merito nel migliore contributo ebraico alla storia del jazz.

Basti citare i nomi di Benny Goodman, Milton Mezzrow, Bill Evans, Ziggy Elman, Stan Getz, Al Cohn, Dave Brubeck; Lee Konitz e John Zorn, protagonista magnifico delle tre ore di Masada Marathon che Aperitivo in Concerto gli ha dedicato lunedì scorso.

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