Cronaca locale

«Abusata, contraffatta, fraintesa ma oggi c’è tanto bisogno di virtù»

Presentato ieri a Casa Schuster l’ultimo libro di monsignor Ravasi sulla crisi dei valori

Marta Bravi

«Mai come in questo periodo si parla e si è parlato di “questione morale”. Ma perché non si tolgono le virgolette e si discute di moralità?». Questa la domanda polemica che si è posto Aldo Grasso introducendo l’ultima opera di monsignor Gianfranco Ravasi «Ritorno alle virtù. La riscoperta di uno stile di vita», uscito per i tipi di Mondadori e presentato ieri alla Casa Schuster di via S. Antonio 5. Perché la moralità spaventa. Ecco allora che ci si rifugia nelle virgolette per anestetizzare il potere delle parole. Proprio partendo dal linguaggio, dalla ricerca etimologica del termine virtù, che Ravasi dà inizio e conclude, allo stesso tempo, il senso della sua riflessione. «Nell’ultimo decennio - spiega - si è assistito a un eccesso di superficialità, di prevaricazione, di banalità e volgarità, controbilanciato da un rugurgito di grandi valori perduti e da una tensione verso la spiritualità. Il punto è che se ne parla con superficialità. È un cane che si morde la coda». Allora, si può definire abitudine alla superficialità? «In un certo senso sì, e lo dimostra il fatto che si parla sempre più di religione, di diritto alla vita e di altri grandi temi in modo vuoto e banalizzante», risponde Ravasi.
D’altra parte sono gli stessi termini che si sono svuotati di significato: «Moralismo o moralista - continua l’autore - viene sempre recepito con una sfumatura negativa, così come il termine “virtuoso” in musica definisce solo un esecutore molto abile tecnicamente nel suonare. E basta. Il cerchio si chiude: fin dall’antichità il termine è stato travisato (si pensi al termine virtus che, in latino, indica il valore in guerra o all’aggettivo greco aristos, “il migliore”, da cui deriva il termine aristocrazia) e mistificato nel suo significato e il processo arriva ai giorni nostri». Ecco allora che è opportuno un «Ritorno alle virtù» come recita il titolo del libro. «Questo ritorno auspicato - riprende il monsignore - si declina in uno stile di vita diverso e lontano da quell’imbarbarimento che ha sopraffatto le relazioni umane, basate sulla prevaricazione in ogni campo, e che può forse essere considerato il male peggiore oggi. Una vita che sia orientata da alcuni saldi principi che ci aiutino a non farci distrarre dalle frivolezze e dalle mode del momento supportata da un’educazione che ci insegni a rispettare il prossimo e ad avere relazioni umane, nel senso più nobile del termine». Una ricetta semplice semplice, quasi francescana.

Chi può essere virtuoso e chi lo è nel 2006? Inutile sbandierare santi, grandi personaggi, con il rischio di scivolare nell’ipocrisia, grande vizio di questi giorni, i virtuosi per Ravasi sono uomini corretti, onesti, coerenti, rispettosi.

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