Cultura e Spettacoli

Albert Nobbs, uno Charlot dolente alla ricerca della felicità

Albert Nobbs è un film che commuove e sa farlo in maniera garbata. Non potrebbe essere altrimenti considerato lo stile riservato e compìto del protagonista

Albert Nobbs, uno Charlot dolente alla ricerca della felicità

Albert Nobbs è un film che commuove e sa farlo in maniera garbata. Non potrebbe essere altrimenti considerato lo stile riservato e compìto del protagonista.

Siamo nell’Irlanda bacchettona ed ingessata di fine Ottocento.

Albert Nobbs nasce donna, figlia illegittima di genitori ignoti e cresce in collegio fino alla morte della madre affidataria. Trovatasi ragazzina e sola al mondo, capisce presto che l’unica opportunità di sopravvivere con decenza è virare la propria identità al maschile. Resterà quindi per decenni imprigionata nelle fattezze androgine e inespressive di un perfetto cameriere d’hotel.

Ma il giorno in cui la sua identità di genere rischia di essere svelata, sarà quello forse più vicino alla felicità tanto nascostamente bramata da sempre. Troverà infatti nella persona che può minacciare la sua copertura, il Signor Page, il primo e unico confidente e complice mai avuto.

Glenn Close, innamoratasi del ruolo recitandolo a teatro nel lontano 1982, ha per anni tenacemente insistito perché si arrivasse alla trasposizione cinematografica nella quale oltre a vestire i panni del protagonista, partecipa alla sceneggiatura ed alla produzione. C’è solo da ringraziarla.

L’attrice dà vita al personaggio lavorando per sottrazione: l’unica cosa che a volte distingue Nobbs dalla tappezzeria dell’albergo sembra essere il movimento degli occhi. Il risultato le dà ragione: ci si affeziona a quest’omino gentile dalla faccia impassibile. Una specie di Charlot dolente. Le movenze sono stilizzate eppure sempre puntuali e vigili perché sul lavoro, che è tutta la sua vita, Nobbs ha le massime premure. Incarna il cameriere perfetto per l’epoca, una mummia attenta, con una abnegazione composta.

Si diventa presto suoi complici una volta scoperto che tutta quella fermezza è fermezza d’intenti, è tensione ad uno scopo: risparmiare il denaro necessario ad aprire una propria attività. Purtroppo il desiderio di avere un suo posto nel mondo, una semplice tabaccheria, una facciata decorosa, diventa ostinazione ottusa quando decide che al banco a servire i clienti metterà la collega cameriera che ha scelto arbitrariamente per moglie. I condizionamenti dell’epoca in lui sono radicati talmente a fondo, che si è convinto che potrà comprarsela la felicità. Perché tutto è misurabile in denaro nel suo piccolo spaccato di miseria e avidità. Nella sua mente, un orologio sul camino e una moglie sono l’essenza del vivere con decenza. E la decenza è tutto per Nobbs.

E’ questo un film su libertà e prigionie sociali ma anche autoimposte.

Quella del protagonista è una vita rimandata, trascorsa in gestazione, in attesa di partorire la propria legittimità d’esistere. Prima ancora che una donna travestita da uomo, Albert è un essere prigioniero. Al di là della propria connotazione sessuale.

E’ un essere umano che sente la sua vita illegittima fin dal principio, dalla nascita “bastarda” così come la definisce lui. Inoltre il femminile gli è stato rubato in una lontana violenza che pare avergli strappato via anche il nome di battesimo dalla memoria.

Ma più che degli eventi passati e dell’ipocrisia e della violenza dell’epoca, Albert è vittima di un inganno della mente che gli fa procrastinare la propria libertà di sorridere. Crede che la felicità sia in un luogo fisico del mondo esterno (nella fattispecie la sua futura tabaccheria), quando invece è una qualità interiore di rilassamento e accettazione, è attenzione e affezione al presente, qualunque esso sia, è vivere bene l’oggi piuttosto che proiettarsi in un futuro che potrebbe non arrivare mai.

Al quadro storico, ricostruito in maniera precisa ed elegante, vengono aggiunte, con grande mestiere, pennellate di un raffinato e lieve umorismo ad addolcire il tutto.

Una storia quella di Nobbs, che conferma che anche nell’individuo più impassibile e impaurito dalla vita, persiste un guizzo di desiderio. Un film che ci ricorda come in ogni epoca, in ogni condizione, nell’essere umano, alla necessità di sopravvivere si accompagni sempre, segretamente, la ricerca di una futura felicità.

Ma anche un monito feroce a non ridurre il presente all’attesa del domani.

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