Ambiente

L'inquinamento dell'aria in Europa: cresce la preoccupazione ma si punta a emissioni zero

Mentre l'Unione Europea punta a emissioni zero nel breve periodo, i dati sulla qualità dell'aria e sulle malattie connesse a essa non sono confortanti. Tuttavia le prospettive ci sono

L'inquinamento dell'aria in Europa: cresce la preoccupazione, ma si punta a emissioni zero

Il nodo della qualità dell’aria è un problema globale. Ma in Europa la situazione è degna di interesse, soprattutto perché, nel piano d’azione per l’inquinamento dell’Unione Europea, si vuole ridurre del 55% entro il 2030 il numero di morti premature legate soprattutto all’esposizione al Pm10 e al Pm2.5: nel 2020 comunque c’è stato già un calo notevole del 45% rispetto al 2005. Ma qual è la situazione? Un report dell’European Environment Agency (Eea) dice a che punto si è arrivati. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), l’inquinamento da particolato fine ha causato 238mila morti premature nell’Ue.

Cosa dice il report dell’Eea

Inquinamento dell'aria

Il report prende in analisi le emissioni legate alla produzione industriale, al traffico veicolare e in generale di tutti i fenomeni che contribuiscono all’immissione di sostanze inquinanti nell’aria, come appunto il particolato fine ma anche altri. E soprattutto analizza l’impatto sulla salute della popolazione.

Se si prende, ad esempio, in considerazione, la condizione italiana, si comprende come queste tematiche comportino preoccupazione. L’Italia è al quinto posto per il numero di persone che hanno riportato un’ostruzione polmonare cronica imputabile al Pm 2.5, dietro solo a Serbia, Lituania, Croazia e Ungheria. Il Belpaese è al settimo posto per l’insorgenza di diabete mellito imputabile a inquinamento da NO2, ed è al terzo posto nell’ospedalizzazione degli anziani per malattie respiratorie imputabili a O3.

Più in generale, come si legge sul report, “nonostante le riduzioni delle emissioni, nel 2020 la maggior parte della popolazione urbana dell’Ue è stata esposta a livelli di importanti inquinanti atmosferici dannosi per la salute. In particolare, il 96% della popolazione urbana è stata esposta a concentrazioni di particolato fine (Pm2.5) superiori alla linea guida dell’Oms del 2021 di 5 µg/m3”.

Oltre ai 238mila decessi prematuri per inquinamento da Pm2.5, l’Oms ha registrato 49mila decessi da esposizione a NO2 e 24mila da esposizione a O3. Naturalmente questi dati non comprendono le possibili morti da esposizione sotto le soglie di guardia indicate dalla stessa Oms.

C’è però da dire che comunque si sta operando per provare a fare meglio. Dal 2005 al 2020 le emissioni di Pm10 e di Pm2.5 sono scese rispettivamente del 30% e del 32%. Bene anche con la SO2 (anidride solforosa), che ha visto un calo del 79%. Tuttavia non va bene con altre sostanze: l’NH3 (ovvero l’ammoniaca, che contribuisce alla formazione del particolato secondario) è calata solo dell’8%, mentre le emissioni di CH4 (metano, che è uno dei responsabili del cambiamento climatico) sono scese del 17%.

Da dove viene l’inquinamento

Inquinamento dell'aria

Non solo industria e traffico, che sono sempre sotto la lente di ingrandimento, additate come le fonti dell’inquinamento dell’aria: tutte le attività umane inquinano in qualche modo. Le case inquinano, l’attività agricola inquina. Quest’ultima per esempio è responsabile per le emissioni oltre la soglia di ammoniaca e metano.

Il report indica chiaramente che l’approvvigionamento energetico è stato responsabile del 41% delle emissioni di SO4, davanti di 4 punti percentuali all’industria manifatturiera ed estrattiva. In “compenso”, quest’ultima è strettamente connessa con le emissioni di metalli pesanti: il 60% del piombo, il 54% del cadmio, il 44% del mercurio e il 42% di arsenico.

Le emissioni di metalli pesanti sono però causate fortemente anche dall’approvvigionamento energetico, il trasporto su strada, i settori residenziale, commerciale e istituzionale.

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