Arte

Da Bowie a McCartney, le grandi star che della pittura han fatto più di un hobby

Poeti come Baudelaire, scrittori come Miller e Buzzati e celebrità della musica come il Duca Bianco e l’ex Beatles: talentuosi alla tela come nella professione

Da Bowie a McCartney, le grandi star che della pittura han fatto più di un hobby

Lasciami respirare a lungo, a lungo, l’odore dei tuoi capelli, affondarvi tutta la faccia come l’assetato nell’acqua di una sorgente....». Così Charles Baudelaire scriveva disperato alla sua amante Jeanne Duval, ballerina e attrice francese di origine haitiana dal fascino magnetico, musa e modella di grandi pittori dell’epoca come Edouard Manet, che la rappresentò nel quadro L’amante di Baudelaire (1862) e Gustave Courbet, che la dipinse senza veli ne L’atelier dell’artista (1854). Ma lo stesso poeta maledetto, durante la sua burrascosa liaison, non seppe resistere dal dedicarle, oltre che versi, anche un pregevole ritratto a china che lui stesso disegnò nel 1865 e che oggi è custodito nella collezione del Louvre. Ebbene sì, Baudelaire disegnava e anche bene, prevalentemente a matita e a inchiostro e prevalentemente volti, tra cui un intenso autoritratto del 1869. Ma l’autore dei Fiori del male è solo uno degli innumerevoli esempi di celebri letterati, ma anche di star dello spettacolo, che nella vita si sono più o meno pubblicamente dedicati alla pittura; e non come vezzo o ipertrofia narcisistica, ma con reale talento in molti casi riconosciuto anche dalla critica d’arte. Da Hermann Hesse a Rimbaud, da Massimo D’Azeglio a David Bowie, da Victor Hugo a Paul McCartney, da Carlo Levi a Henry Miller: la storia e la contemporaneità ci regalano una galleria di pittori “vip”, sconosciuti ai più non perché sprovvisti di una ricca produzione e in taluni casi di galleristi e collezionisti appassionati; ma perché scrollarsi di dosso le etichette è impresa difficilissima. Ne sapeva qualcosa Dino Buzzati, maestro della penna ma anche dei pennelli, che non sapeCC va darsi pace per certi stereotipi: «Il fatto è questo - scrisse nel 1967 - io mi trovo vittima di un crudele equivoco.


Sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista. Il mondo invece crede che sia viceversa e le mie pitture quindi non le “può” prendere sul serio. La pittura per me non è un hobby, ma il mestiere; hobby per me è scrivere. Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa». In realtà, in molti casi analoghi, la pittura risulta spesso complementare agli altri talenti «pubblici». Prendiamo il caso di Paolo Conte, le cui «visioni jazz» sono state recentemente ospitate in una mostra addirittura agli Uffizi, museo a cui ha donato l’opera Autoritratto di un pirla. Il vizio della pittura, come lui stesso lo definisce, «è una passione precedente a quella per la musica e mi ha sempre dato calma e leggerezza, mentre suonare mi provoca una forma di eccitazione».

Arretrando di due secoli abbiamo il caso illustre del torinese Massimo D’Azeglio il quale, ben prima di tuffarsi nella carriera militare, politica e letteraria, si dedicò con grande perizia tecnica alla pittura dal vero, e molti suoi paesaggi a soggetto storico, come la celebre Disfida di Barletta, sono oggi custoditi nei maggiori musei d’Italia. Da questo esperto pittore accademico e primo ministro a una star del rock il passo è lungo, ma neanche poi tanto. Stiamo parlando di David Bowie che, al netto della sfolgorante carriera sui palcoscenici di tutto il mondo, era un appassionato e colto pittore, amante del Tintoretto, ma con un suo stile «baconiano», fortemente influenzato dall’espressionismo di scuola britannica. Molti suoi dipinti dai colori accesi sono a tema rockettaro, e spesso sulla tela compare l’alter ego Ziggy Stardust. Una passione privata?

Tutt’altro, visto che tra le numerose mostre al suo attivo figura un’antologica alla Schirn Kunsthalle di Francoforte. La carriera pittorica di Bowie si interseca con quella dell’ex Beatles Paul McCartney. Anch’egli appassionato pittore, ama spesso rappresentare personaggi del mondo della musica; tra questi, un ritratto dello stesso «Duca bianco» intitolato Bowie spewing, tradotto Bowie che vomita.
Intervistato sull’argomento, Ziggy rispose con una frecciatina velenosa: «Che curiosa coincidenza, anch’io sto lavorando a una canzone intitolata McCartney... shits».
Se c’è invece un artista che, nel mondo della musica, ha ampiamente capitalizzato la sua passione per la pittura, questi è Bob Dylan. Paesaggista delle highway americane e dei loro motel – sul filone di un certo Edward Hopper – il cantautore americano è riuscito a farsi ingaggiare nientemeno che da Larry Gagosian, l’imperatore dei galleristi statunitensi, cioè in buona compagnia di Anselm Kiefer, Damien Hirst, Picasso, Warhol e de Kooning. L’elenco potrebbe continuare un bel po’, e sarebbe forse ingeneroso non menzionare i disegni di Patti Smith o quelli del metal-rocker Marilyn Manson che, almeno all’inizio, dichiarò di barattare i suoi lavori in cambio di sostanze stupefacenti.

Più intimista e raffinato fu invece il percorso pittorico del cantautore siciliano Franco Battiato. Con lo pseudonimo di Süphan Barzani ha firmato i suoi «ritratti da contemplare», oli su tavola a fondo oro che, come molte sue canzoni, si richiamano alle atmosfere orientali e alle iconografie bizantine. «Iniziai a dipingere spinto dalla mia incapacità - dichiarò - quando un bel giorno, all’improvviso, la figura di un danzatore derviscio si materializzò sulla tela nel modo che volevo.

Fu una gioia immensa, anzi di più, fu un orgasmo cosmico».

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