Arte

Un creatore instancabile fra materia, passione e poesia

Kiefer non è uno che si risparmia: fino all'ultimo si è aggirato in mostra cambiando anche solo di un centimetro la posizione delle opere

Un creatore instancabile fra materia, passione e poesia

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Due giorni fa Anselm Kiefer, 79 anni, jeans e giubbottino scuro, è salito con determinazione sul ponteggio dell'ultima sala della sua personale a Palazzo Strozzi per lasciare letteralmente la firma. Con quella sua grafia quasi infantile che abbiamo imparato a conoscere (imprime i titoli sulle opere di sua mano), ha dipinto in nero, nella parte alta del muro, i celebri versi di Ed è subito sera di Salvatore Quasimodo («Ognuno sta solo sul cuor della terra,/ trafitto da un raggio di sole:/ ed è subito sera.») che ha recitato a memoria, in italiano. In questo gesto c'è tutto Kiefer. C'è l'alchimia di un'arte materica e gestuale, opera di un demiurgo contemporaneo che usa quanto ha a disposizione, dal pennello al piombo all'oro, dai tessuti al legno ai semi di girasole. C'è la sconfinata cultura: nella sua casa-atelier poco fuori Parigi libri di ogni genere occupano, in ordine sparso, infiniti corridoi. La lettura di un brano regola la routine mattutina di Kiefer, così come la fotografia (130mila gli scatti archiviati, senza contare quelli digitali) è l'ispirazione da cui muove ogni sua opera. E infine c'è la guerra, evocata dai versi di Quasimodo: un conflitto mai sedato che l'artista avverte sottopelle. E che esorcizza: dal '92 vive in Francia, godendo della joie de vivre mediterranea con una famiglia numerosa (cinque figli) e una vita sentimentale vivace, impreziosita da un nuovo giovane amore.

Kiefer non è uno che si risparmia: fino all'ultimo si è aggirato in mostra cambiando anche solo di un centimetro la posizione delle opere (e persino un titolo). Ha capitolato solo davanti a un lieve malanno che lo ha costretto a rinunciare alla presentazione pubblica di quella che a tutti gli effetti è la sua più importante mostra nel nostro Paese in «uno dei miei palazzi preferiti al mondo», come ha detto quando, nel novembre del 2018, è entrato a

Palazzo Strozzi per concepire con il direttore Arturo Galansino una personale dalla complessa gestazione. Non era la prima volta: dopo aver consultato i suoi diari (annota qualcosa tutti i giorni, da sempre), Kiefer si è ricordato di una visita nel '69, quando era solo un diciassettenne «colpito da uno spazio così minimal» che oggi ha voluto occupare con la monumentale opera Engelssturz piazzata nel chiostro, perfetta per ipnotizzare i passanti. Due giorni fa, appena montata ed esposta come da indicazioni dell'artista alle intemperie, si è messo a piovere.

Kiefer ne era felice: l'arte è cambiamento.

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