Arte

Un lustro che dà lustro all’avventura del Mart

Negli ultimi cinque anni cresciute varietà e qualità delle mostre. Lo conferma il numero dei visitatori

Un lustro che dà lustro all’avventura del Mart

È stata una lunga stagione di rinascita. Per quello che è accaduto, per i numeri; ma soprattutto per le attività, le proposte, le emozioni e l’impegno di un gruppo di curatori e di collaboratori che hanno dato la loro opera, rendendo grande l’impresa. Anche i ciechi, accompagnati da me, con Ornella Dossi, hanno visto, hanno sentito parlare le opere. E l’entusiasmo ha preso tutti. Mi riferisco alla attività del Mart di Rovereto. Il museo di arte di Rovereto e di Trento. Un museo centrale nella mente e nello spazio anche se solo apparentemente decentrato, ma in una provincia autonoma di una regione autonoma, e quindi in una condizione privilegiata, al centro dell’Europa. E con una consapevolezza di natura, storia e tradizioni che salvaguardano l’identità violata anche in altre regioni autonome come la Sicilia e la Sardegna.

Il Mart è la formidabile invenzione di un grande architetto, Mario Botta (che lavorò con me anche per la macchina scenica della Scala), in una polifonia di spazi nel tessuto inviolato di una città e di un centro storico come Rovereto. E così potrà essere con una seconda sede (ispirata da Mirko Bisesti, e spero sostenuta dall’assessore Francesca Gerosa), per gli infiniti depositi di opere d’arte, in un Mart 2 nella imponente incompiuta dell’Anmil nel bosco sopra Rovereto. Il successo arrise subito all’impresa con una appassionata direttrice, Gabriella Belli, che promosse attività formidabili facendo del Mart il museo della riscossa della prima avanguardia europea, il Futurismo.

Partiva dal ricco fondo e da Casa Depero, e acquistando e annettendo con legati e donazioni, capolavori del Novecento, che dotano il museo di un patrimonio di opere di documenti, di archivi, fino a far scoppiare il contenitore che, senza tanta avvedutezza, sarebbe rimasto una Kunsthalle o un palazzo delle esposizioni da riempire di volta in volta. Importanti collezioni ospitate al Mart lo hanno reso un grande museo, il più grande fra quelli di moderna costituzione, con opere essenziali, necessarie per negoziare prestiti, produrre mostre, promuovere iniziative. Con il teatro che vi è annesso sarebbe importante svolgere anche una imponente attività relativa al cinema, che potrà essere un impegno per il futuro.

Dopo il lavoro memorabile e costituzionale della Belli, il museo ha avuto le direzioni tecnicamente corrette, con una punta di ardimento nella mostra di Antonello da Messina, commemorato da un murale con il San Sebastiano di Dresda, di Cristiana Collu e Gianfranco Maraniello, fino alla decisione (contrastata da nemici politici ottenebrati) del presidente della provincia Maurizio Fugatti, di chiamare me alla presidenza, assorbendo, salvo quelle amministrative, anche le funzioni tecniche proprie della mia formazione in un inedito e fertile scambio di idee e di proposte con il gruppo dirigente dei curatori, formati con la Belli, e curiosi, preparati, attivi, spesso entusiasti, cui ho affidato la realizzazione di mie idee, anche semplici, talvolta insolite, a partire dal principio: «Tutta l’arte è contemporanea».

L’abbiamo dimostrato, mettendo insieme i maestri più grandi, Caravaggio, Bernardo Strozzi, Raffaello, Botticelli, Canova, Giotto, Dürer, Klimt, Boldini, con i pittori del Novecento e i contemporanei, senza trascurare i recuperi e le rinascite di grandi artisti dimenticati: a partire da una spettacolare e non ovvia mostra «Depero new Depero». Arturo Nathan, Julius Evola, Tullio Garbari, Umberto Moggioli, Bartolomeo Bezzi, Fausto Pirandello, Herta Ottolenghi, Yves Klein, Mario Reviglione, Romolo Romani, Dicò, Leonardo Cremonini, Karl Plattner, Alberto Burri, Pier Paolo Pasolini, Adolfo Vallazza, Piero Guccione, Achille Perilli, Giuliano Vangi, Luca Scacchi; e i più giovani, originali, italiani e stranieri, divisi tra la sede di Rovereto e le sedi di Trento, Palazzo delle Albere e Galleria Civica: Weiner Vaccari, Lino Frongia, Nicola Samorì, Banksy, Aurelio Bulzatti, Steve McCurry, Stefano di Stasio, Luciano Ventrone, Luciano e Ivan Zanoni, Livio e Giorgio Conta, Angelo Filomeno, Nicola Bolla, Piero Pompili, Alex Katz, Bertozzi e Casoni, Margherita Manzelli, i giovani pittori cinesi. E mostre tematiche di antropologia come «Paesi perduti» e gli attuali, imperdibili, «Sciamani». La quantità e la varietà delle mostre ha caratterizzato la mia presidenza, anche nei tempi tragici del Covid che hanno limitato l’apertura della grande mostra su «Caravaggio.

Il contemporaneo» a due settimane, ed è stata per tutti un’esperienza formidabile e senza precedenti (salvo per quelli che non vedono, come i Manica e i Marini). Ma ora, dopo cinque anni, i dati oggettivi ci offrono riscontri indiscutibili, potenziati dagli strabocchevoli afflussi per Dürer e la grandiosa collezione Sperone. Una mia intuizione economica, per accrescere i visitatori (se il giudizio sulla qualità delle mostre deve essere la quantità di chi le frequenta: e cosa sarebbe con la gratuità dei musei e il pagamento per le sole mostre!) è stata aumentare il biglietto riducendolo. Come? Il Mart costava 11 euro e l’annessa Casa Depero 7 euro.

Distinti e separati. Quindi 18 euro. È bastato portare la somma dei due a 15 per entrambi, indivisibili, e il risultato rispetto all’anno precedente (2022) è un incremento del 36 per cento al Mart (+36759 ingressi), e del 72 da Depero (+9214). Nel complesso, con le sedi di Trento, i visitatori del 2023 e di questo scorcio di 2024 sono più di 200mila. Al mio arrivo, nel 2019, Mart e Depero erano a 124.830. Nel 2023 l’incremento è stato del 51 per cento al Mart e del 38 da Depero. Forti le presenze straniere, soprattutto da Germania, Austria e Paesi Bassi, ma anche Inghilterra e Stati Uniti.

È stata per me una esperienza emozionante: e ho avuto a fianco curatori, studiosi, architetti, grafici, allestitori entusiasti e coinvolti per risultati che sono davanti agli occhi di tutti e indicano la centralità di Rovereto nel panorama dell’arte italiana: insieme al consigliere anziano e vicepresidente Silvio Cattani, Dalia Macii, l’occhiuto direttore Diego Ferretti, Denis Isaia, Beatrice Avanzi, Nicoletta Boschiero, Alessandra Tiddia, Daniela Ferrari, Margherita de Pilati, Gabriele Lorenzoni, Federico Zanoner, Francesca Velardita, Claudio Merz, Paola Pettenella, Serena Aldi, Duccio Dogheria, Ilaria Cimonetti, e l’eroico grafico Ludovico Schiera, con il quale nottetempo abbiamo fatto manifesti e copertine indimenticabili, diffuse con impegno da Susanna Mandice, da Davide Allegri e dal multiforme Maurizio Rossini; e naturalmente Franco Panizza, perfetto geografo con il quale abbiamo visto tutto il Trentino, case chiuse comprese, e non solo a Cavalese. Curiosi e fedeli visori e revisori di mostre (e di conti) l’amico Antonio Borghetti, Davide Bevini, e il vecchio Carlo Delladio.

E il valoroso architetto Luciano Baldessari. E Michelangelo Lupo. E suggeritori e complici come Giuseppe e Antonio dalle Nogare, Mauro de Iorio, Pietro Monti, Stefano Andreis, Mauro Marcantoni, Giovanni Kezich, Michele Lanzinger, Maurizio Scudiero, Giulio Prosser, Sergio Poggianella, Giorgia Boccanera, Giordano Raffaelli, Doris Ghetta. Una vera galassia Mart, con i suoi artenauti. E il meraviglioso giardino di Villa Guerrieri Gonzaga (con le mostre di Simone Turra, Pietro Weber, Carlos Solito) a Villa Lagarina, con il museo Libera, naturale estensione del Mart. Non riusciranno a fermarci.

Nullafacendo.

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