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"Ascoltare i morti è tornare a vivere"

Nel romanzo "Psicopompo" l'autrice belga rivela una propria facoltà. E molto altro

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Psicopompo è il trentaduesimo romanzo di Amélie Nothomb. La scrittrice belga ci racconta del suo amore e della sua fascinazione per gli uccelli e per il loro volo, una vera estasi, un mistero, un enigma, e massima aspirazione di ogni essere vivente, il sogno impossibile dell'uomo; per poi passare alla sua infanzia in giro per il mondo al seguito del padre diplomatico. Da vera scrittrice globale, la Nothomb ha vissuto in Giappone, Cina, New York, Bangladesh, posti così distanti sia geograficamente, sia culturalmente ma che arricchiscono la sua crescita e la aprono allo stupore per il diverso, per l'ignoto, che avrà così importanza per la sua creatività.

Nel romanzo però trovano spazio anche esperienze poco felici, veri propri traumi avuti durante la sua adolescenza, come quando ci parla della violenza subìta appena dodicenne sulla rinomata spiaggia di Cox's Bazar in Bangladesh, oppure dell'anoressia come occasione di conoscenza di sé, di rinascita, di crescita e affrancamento. L'autrice sembra dirci che la scrittura è la vera ragione per cui vivere, che può sia salvare, sia avvicinare alla morte, al suo baratro, e sfiorarlo. Un mezzo per far vivere in armonia finalmente anima e corpo. Il titolo del libro è già molto simbolico perché lo psicopompo è una figura centrale in molte mitologie e religioni, è l'entità che accompagna le anime dalla vita alla morte o viceversa. Questo ultimo romanzo di Nothomb è una storia in parte autobiografica, già selezionata per il Prix Littéraire «Le Monde» 2023, che parte dalle vette che si toccano nello spiccare il volo in cielo come fanno gli uccelli, esseri quasi mitologici, e arriva al dialogo con i defunti, per poi accompagnarci nei meandri più dolorosi e crudeli della vita dell'autrice.

Alcune fiabe, come quella raccontata all'inizio del libro sono crudeli. Può questo elemento essere pedagogico?

«Sì. La crudeltà parla ai bambini, la loro immaginazione è spesso molto crudele».

Come descriverebbe la sua capacità di mantenere un dialogo con i morti? Questa dote così speciale e unica...

«È molto semplice. Ogni morto ha la sua lingua. A volte è il silenzio, che è anche un linguaggio. Devi solo ascoltare, con abilità».

Il concetto di bellezza è legato alla sofferenza?

«Sì, perché ogni bellezza è destinata a scomparire».

Qual è lo scopo dei sogni impossibili? Come quello che ha il dinosauro di volare...

«Lo scopo del sogno impossibile è renderlo comunque possibile. L'uccello è arrivato proprio lì».

Che cosa origina un'ossessione? E poi, un'ossessione può avere un fine?

«Tutto ciò che riguarda questo campo è totalmente misterioso».

Lei ha mai avuto paura di se stessa? E se sì, quando?

«Ho sempre paura di me stessa, perché so di cosa sono capace».

Perché voler abbandonarsi all'ebbrezza del vuoto è da sempre uno dei più grandi sogni dell'uomo?

«Perché volare è il massimo dell'estasi».

A che cosa serve voler mantenere la giusta distanza dalla realtà, come insegna lo psicoanalista francese Jacques Lacan?

«È l'unico modo per vedere la realtà in maniera giusta».

Come cambiò lei a causa dell'anoressia?

«Ora, dopo questa esperienza, conosco il mio corpo completamente».

Come far sì che anima e corpo vivano in armonia?

«Esistono molti metodi. Per me: scrivere».

Disprezza il mestiere di vivere?

«No. Al contrario!».

Scrivere per lei è sopravvivenza?

«Sì lo è.»

La scrittura aiuta ad avvicinarsi alla morte, al suo segreto? Se sì, in quale modo?

«Sì, la scrittura mi avvicina al momento in cui sto per morire. È un vero mistero».

Scrivere può far perdere la ragione, far diventare folli? Se sì, perché?

«La scrittura non padroneggiata può farti impazzire.

Ed è molto pericoloso».

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