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Corruzione, dilaga solo quella "di fantasia"

Il direttore dell'Ufficio Onu contro il crimine, Ghada Waly, ha detto le stesse parole di Carlo Nordio sulla percezione della corruzione

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Il direttore dell'Ufficio Onu contro il crimine, Ghada Waly, ha detto le stesse parole di Carlo Nordio sulla percezione della corruzione: «Misurarla non è facile. Le metodologie sono poco chiare e ci si interroga sull'accuratezza e l'affidabilità dei numeri e delle statistiche disponibili Molte stime si basano su indicatori limitati». Era il 1° settembre scorso e Ghada Waly parlava alla «Conferenza sullo sfruttamento dei dati per migliorare la misurazione della corruzione» che riuniva politici, scienziati, professionisti ed esperti. Anche l'intenzione di cambiare i criteri per la misurazione, annunciata da Nordio, corrisponde a un piano dell'Unodc, l'Ufficio Onu contro il crimine: «Stiamo sviluppando una misurazione che propone un insieme di definizioni, indicatori, metodi e fonti». Le parole di Ghada Waly furono queste e non erano presenti giornalisti di Repubblica e del Fatto: quotidiani che ieri, dopo le parole di Nordio, hanno titolato in prima pagina «Regalo ai corrotti» e «Nordio cura il febbrone abolendo il termometro».

Il grado di corruzione del nostro Paese continua a essere un'opinione molto politica. Due anni fa «Transparency International» parlava di «Netto miglioramento per l'Italia nella lotta alla corruzione» perché si posizionava al 42esimo posto su 180 nazioni analizzate. Tre anni prima l'Unità (allora legata al Pd) dava enfasi alla notizia che l'Italia aveva scalato il ranking di 8 posizioni mondiali (al governo era la sinistra) mentre nel 2019 eccola piazzata al 53esimo posto con un miglioramento di 2 punti: «La reputazione del nostro Paese sta migliorando, siamo sulla strada giusta» gongolava il presidente di Transparency Italia. Intanto la Penisola figurava 56esima nel rapporto della Banca Mondiale (dopo Ruanda e Bulgaria) oppure 80esima nell'Index of Economic Freedom (il Botswana era 36esimo) oppure 69esima nel Corruption Perception Index, oppure 73esima secondo il World Freedom Press Index, oppure ancora 69esima secondo il Global Gender Gap Index. Per gli anni precedenti non abbiamo citato l'Alto commissariato Onu per la lotta alla corruzione, o altri studi fatti da centri di documentazione tipo l'Einaudi di Torino, o quelli di Confindustria, o l'Alto commissario anticorruzione, il Servizio Anticorruzione e Trasparenza (SAeT) eccetera. Ma non abbiamo neppure citato lo studio Eurispes del 2019 titolato emblematicamente «La Corruzione tra realtà e rappresentazione. Ovvero: come si può alterare la reputazione di un Paese» che aveva una prefazione di Raffaele Cantone, a suo tempo presidente dell'Autorità anticorruzione. A questa fonte si poteva sommare anche uno studio de Il Mulino (dicembre 2017) secondo il quale persisteva uno scarto significativo tra la famigerata «corruzione percepita» e quella reale: tanto che gli italiani si auto-rappresentavano come corrotti, così pare, pur essendo nella media europea.

Ma gli autori dello studio più ottuso e approssimativo, regolarmente utilizzato dai media come parametro, restano i signori di «Transparency International», inventori di un «indice di corruzione percepita» che ogni anno inseriscono in un «Barometro mondiale della corruzione»: sono dei sondaggi su una percezione, domande a uomini d'affari e delle istituzioni o a cittadini qualsiasi; si forniscono dati su un relativo Cpi italiano (Corruption perception index) che viene sparato come dato inoppugnabile. Transparency vive di finanziamenti (tra i quali 100mila euro a testa pagati da Enel, Telecom, Vodafone, Luxottica, Generali, Edison, Falck, Impregilo, Snam, Terna) oppure, oltre al 5 per mille, facendosi pagare seminari da Comune di Milano, Unioncamere, Ferrovie Nord Milano, Camera di Commercio e altri enti pubblici. Un altro indice è il Bpi (Bribe Payers Index) che dovrebbe misurare l'inclinazione dei privati a pagare tangenti a membri della Pubblica amministrazione. Transparency International nasce a Berlino nel 1993, mentre la sezione italiana è del '96.

L'associazione collabora con la Commissione europea e ne è finanziata: si mette a disposizione una biblioteca con «tutto quello che ti serve sapere sulla corruzione» (per combatterla, si auspica) ossia oltre 500 tra libri, manuali e riviste; tra questi (elenco non aggiornato) ci sono volumi del Circolo Società Civile, del giudice Ferdinando Imposimato, di Saverio Lodato, di Marco Travaglio e di Piercamillo Davigo.

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