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Follia Nutriscore: il latte come la Coca zero

Nuova modifica per l'algoritmo delle bevande. Fidanza durissimo: "Malafede messa al servizio di grandi interessi"

Follia Nutriscore: il latte come la Coca zero

Il latte come la Coca zero o la Red Bull sugar free: ecco l’ultimo “capolavoro” del Nutriscore, il sistema di etichettatura di alimenti e bevande noto per penalizzare le eccellenze del Made in Italy in favore del cibo spazzatura. Un sistema dal fondamento scientifico assai discutibile da diversi punti di vista, con incongruenze visibili a occhio a nudo. Dopo aver rinfrescato l’algoritmo delle bevande, il nuovo quadro è incredibile: soltanto l’acqua resterà in fascia A, con tutte le altre bevande classificate dalla B alla E.

A destare scalpore è la classificazione del latte: "Fino a ieri giustamente considerato sano, passa in fascia B se scremato o parzialmente scremato, e addirittura in fascia C se intero! E così il latte, l’alimento sano per eccezione, quello che ha cresciuto miliardi di bambini nella storia dell’umanità, Sarà etichettato se va bene di verdino chiaro, se no addirittura di giallo come un prodotto non ottimale per la salute", la denuncia dell'europarlamentare Carlo Fidanza.

Ma non è tutto, il capodelegazione di Fratelli d'Italia - Ecr al Parlamento Europeo spende giudizi a dir poco taglienti sugli integralisti del Nutriscore:“Qui siamo alla follia ma questa non è incompetenza, è ovviamente malafede messa al servizio di grandi interessi. Noi continueremo la nostra battaglia!”. L'affondo di Fidanza si aggiunge alle critiche severe già giunte dal governo Meloni, intenzionato a non abbassare la guardia sull’ingannevole sistema di etichettatura messo a punto dal nutrizionista francese Serge Hercberg.

“È un tema che stiamo seguendo da parecchio tempo. Senza voler entrare in paragoni, noi siamo stati assolutamente contrari al sistema semaforico fin dalle origini per una serie di motivi”, la conferma del direttore di Assolatte Massimo Forino a il Giornale.it: “È evidente che il sistema non funziona per i prodotti di base, perché penalizza alcuni prodotti che sono raccomandati dai nutrizionisti. Da un lato si raccomanda il consumo per una dieta equilibrata, dall’altro si etichettano questi prodotti di base con colorazioni legate ad algoritmi - parola orrenda. Un consumatore medio di fronte a un semaforo rosso si ferma, immagina che quell’alimento vada mangiato con moderazione o addirittura non vada mangiato”.

Ma non è tutto. Gli elementi di base della dieta hanno un’altra caratteristica che li rende impermeabili al sistema del Nutriscore, ovvero la non formulabilità: “L’alimentazione è fatta di prodotti di base. Il pane è fatto da farina, acqua e lievito; il formaggio è fatto da latte, caglio e sale; il latte è solo latte. Non sono prodotti sui quali l’industria può in qualche modo intervenire con delle formulazioni che ne semplifichino o alleggeriscano la composizione per renderla più adatta a questo fantomatico algoritmo. Algoritmo che tra l’altro continuano a modificare, a dimostrazione del fatto che il sistema non funziona”.

La categoria dà battaglia al Nutriscore sin dalla sua nascita, ritenendofolle etichettare il singolo prodotto alimentare, considerando che la gente non si nutre di un singolo prodotto ma di tanti prodotti”: “Bisogna seguire delle linee guida nutrizionali che si chiamano dieta mediterranea e piramide alimentare, dove i prodotti vengono raccomandati nel loro consumo quotidiano e tradizionale. Il Nutriscore invece penalizza proprio i prodotti non riformulabili, ovvero quelli di base che mangiamo tutti i giorni”.

Una cosa è certa per Forino, il Nutriscore va combattuto in ogni dove. E la classe politica sembra aver compreso la pericolosità dell’etichettà a semaforo: “E non ha senso il confronto sui 100 grammi o sui 100 ml, è una stupidità assoluta: ci sono alcuni prodotti del nostro settore che sono etichettati come rossi, ma poi inseriti in un piatto di pasta diventano verdi”. Il governo Meloni tiene la barra dritta: “È assolutamente giusto. L’Italia si è schierata contro, gli europarlamentari si sono schierati contro. C’è stato anche un passaggio ufficiale di Draghi per chiedere una riflessione.

Ci sono culture alimentari diverse che si confronto, ma anche culture di sistema di governo diverse: da una parte c’è chi crede che sia necessario fare delle norme direttive, dall’altra parte c’è chi – come l’Italia – sostiene che serva dare delle indicazioni informative”.

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