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L'Spd e gli insulti del Bayern a Piantedosi: i tedeschi stanno coi tifosi violenti

Lo striscione all'Allianz Arena contro il ministro dell'Interno arriva dopo le pesanti critiche di media e politici tedeschi, tutti solidali coi violenti dell'Eintracht

Gli insulti del Bayern a Piantedosi e gli attacchi dell'Spd: i tedeschi difendono il tifo violento

Come se non bastassero già quelli che gli sono piovuti in Italia negli ultimi giorni, anche fuori dai confini del nostro Paese arrivano insulti pesanti nei confronti di Matteo Piantedosi. I protagonisti delle offese rivolte al ministro degli Interni questa volta sono i tifosi del Bayern Monaco, che hanno pensato bene di sfruttare i riflettori della Champions League per rivolgere le proprie accuse tramite un lungo striscione esposto durante il match vinto 2-0 contro il Psg che ha regalato ai bavaresi la qualificazione ai quarti di finale. "Piantedosi uomo di m**da", si legge a caratteri cubitali. Ma quali sono i motivi di questo insulto?

Lo striscione choc del Bayern

I supporters della squadra di calcio pluricampione di Germania hanno voluto solidarizzare con quelli dell'Eintracht Francoforte ai quali è stata vietata la trasferta a Napoli in Champions League in occasione del ritorno degli ottavi di finale di mercoledì 15 marzo. La decisione era stata assunta dal ministro Piantedosi per motivi di ordine pubblico: un provvedimento inevitabile quello preso dal Viminale, tenendo conto soprattutto della recente violenta aggressione dei tifosi dell'Eintracht ai danni di alcuni sostenitori del Napoli avvenuta nelle strade del centro di Francoforte in occasione della gara di andata un paio di settimane fa. Ma, al di là dello striscione choc esposto dai tifosi del Bayern ("No to bans of fans! Piantedosi uomo di m**da"), le reazioni più scomposte sono arrivate da parte della dirigenza del club tedesco avversario dei partenopei. "Ingerenza grave dello stato italiano", ha tuonato l'ad Axel Hellmann. "È un evento unico e per la prima volta nel calcio europeo per club. È una giornata triste per il calcio, è una decisione incomprensibile che mette in pericolo l'integrità della competizione", ha commentato Philipp Reschke, consigliere d'amministrazione del club di Francoforte.

A rincarare la dose in un clima già teso di per sé ci ha pensato poi direttamente il mondo della politica tedesca: la stessa che, troppo spesso, tende a impartire lezioni di bon ton all'Italia. Il consigliere comunale di Francoforte Maximilian Klockner va su tutte le furie: "Il Napoli dovrebbe essere escluso dalla Champions". Ma c'è anche di più: perché il caso arriva addirittura dentro il Bundestag, dove un deputato socialdemocratico, Armand Zorm, è arrivato addirittura a interpellare l'ambasciatore italiano in Germania per denunciare la vicenda e chiedere di revocare il "bando" contro i tifosi violenti di Francoforte: "Ho letto con grande sgomento del decreto del ministero dell'Interno italiano contro il club Ssc Napoli: il divieto di vendita dei biglietti ai tifosi del Francoforte è una pesante interferenza nella competizione sportiva", ha dichiarato Zorm, a cui forse sembra sfuggire il fatto che rivolgersi a un diplomatico per 'interessi di bottega' assomigli molto a una "ingerenza grave", per dirla alla Axel Hellmann.

L'editoriale di fuoco della Faz

La Frankfurter Allgemeine Zeitung - quotidiano tra i più autorevoli in Germania - pur di difendere le frange più violente dell'Eintracht, arriva a insinuare l'assurdità secondo la quale il provvedimento sia dettato da inconfessabili ragioni di tifo: "Il Viminale sta indebolendo indebitamente l’Eintracht e creando un precedente?", si chiede infatti la Faz. "Il fatto che il ministro dell’Interno sia napoletano potrebbe favorire un corto circuito in questo Paese". Insomma, Piantedosi vieterebbe la trasferta ai tifosi dell'Eintracht soltanto perché è un tifoso del Napoli. Peccato che lo stesso titolare del Viminale, appena due mesi fa, avesse imposto la chiusura dei settori ospiti di tutti gli stadi italiani riservati proprio ai napoletani: una stangata, quella arrivata subito dopo l'Epifania, dettata dagli scontri scoppiati l'8 gennaio scorso sull'A1 tra gli ultras della Roma e del Napoli.

Certo, riconosce il giornale, "Piantedosi è interessato all'ordine pubblico, a garantire la sicurezza", e gli ultras di Francoforte garantirebbero l'esatto contrario, visto che nella partita di andata in Germania avevano sferrato violenti assalti ai tifosi del Napoli. Ma intanto, aggiunge la Frankfurter Allgemeine Zeitung, se è vero che "i tifosi tedeschi hanno attaccato quelli napoletani" è vero anche che negli scontri gli ultras partenopei "si sono difesi bene, opportunamente preparati ed equipaggiati". Quindi la situazione, per i media tedeschi, è assolutamente lampante: la violenza efferata nei confronti dei tifosi del Napoli è stata tutto sommato un reato bagatellare. Insomma la tesi pare essere: già che ci siamo, perché allora non prepararci a un "bel" bis virulento anche in Italia?

Il doppiopesismo di chi vuole combattere la violenza

Sicuramente l'Italia deve ancora fare la propria parte per risolvere il tema della violenza dei tifosi dentro e fuori gli stadi. Certo, però, che risulta sempre più complicato ricevere in continuazione delle lezioni da quei Paesi che asseriscono di avere definitivamente chiuso i conti con questo fenomeno. Perché quello che appare sempre più evidente è che gli Stati che vengono considerati più "civili" (Inghilterra e Germania in primis) siano sempre inflessibili nel combattere i supporters più esagitati all'interno dei loro confini: ma quando gli episodi che coinvolgono quegli stessi protagonisti violenti avvengono in altre zone geografiche, c'è allora la tendenza di interessarsi un po' meno di questi fatti incresciosi. La sensazione è che i loro connazionali non solo possano commettere tutti gli atti vandalici possibili che vogliono quando sono all'estero (vedi le devastazioni dei tifosi del Leicester a Roma di circa un anno fa) ma che vengano addirittura "difesi" dalle istituzioni politiche secondo il principio per cui tutti hanno diritto di seguire la propria squadra del cuore in tutta Europa.

Va bene tutto, ma almeno che ci risparmiassero tutta questa loro "superiorità morale": perché il fair play a targhe alterne non è esattamente il modello migliore da seguire.

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