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"Cancro? No, fu avvelenato". La scoperta choc su Pablo Neruda

Anticipate dal nipote del premio Nobel Pablo Neruda, i risultati delle analisi sul corpo del poeta morto nel 1973, da cui risulta la presenza di un batterio tossico iniettato da terzi

"Cancro? No, fu avvelenato". La scoperta choc su Pablo Neruda

Pablo Neruda non sarebbe morto di tumore alla prostata come per anni è stato detto, ma qualcuno gli avrebbe somministrato un batterio altamente tossico: il clostridium botolinum. Dopo 50 anni dalla scomparsa del grande poeta, a fare questa sconcertante rivelazione all'agenzia spagnola Efe, Rodolfo Reyes, nipote del celebre poeta cileno morto nella clinica Santa María di Santiago, dove era stato portato d'urgenza mentre si trovava nella sua casa sull’Isla Negra. Il regime dichiarò che ad averlo ucciso fu il cancro. Un giudizio rimasto intaccato per 40 anni.

Fino a quando, nel 2004, il fedele autista Manuel Araya svelò i suoi sospetti. Raccontò che qualcuno, mentre Neruda era ricoverato, si era introdotto nella sua stanza e gli aveva somministrato qualcosa. La testimonianza venne raccolta dai vertici del partito che presentarono una denuncia alla magistratura. Il caso fu affidato al giudice Mario Carrozzo che dopo 9 anni, nel 2013, ordinò la riesumazione del cadavere, incaricando periti forensi internazionali di verificare la presenza di tracce estranee. Quella prima analisi confermò la morte per il cancro alla prostata, e solo nel 2017 un'ulteriore approfondimento da parte di esperti scoprì qualcosa di anomalo.

Vennero trovate tracce di Staphylococcus aureus e anche la presenza di Clostridum Botolinum, sotto un molare. Quanto bastava per dar seguto alle ipotesi e capire se si trattava di qualcosa sviluppato dal tumore o introdotta dall'esterno. A rivelare oggi in esclusiva il risultato della perizia, voluta dalla famiglia di Pablo Neruda, il quotidiano El Pais riportando le parole del nipote del poeta. "Il gruppo internazionale di esperti che ha analizzato il batterio Clostridium botulinum , trovato nel suo corpo nel 2017, ha stabilito che la sua origine era endogena. Questa conclusione confermerebbe la tesi della denuncia del Partito Comunista del Cile, secondo la quale la sostanza è stata iniettata come arma biologica, e che sia quindi morto per avvelenamento"

"Lo dico, da avvocato e nipote - ha poi continuato - con molta responsabilità, perché il giudice non può ancora segnalarlo, perché deve avere tutte le informazioni. Questo è quello che stavamo aspettando. Ora è stato dimostrato che era endogeno e che è stato iniettato". I risultati definitivi dovrebbero essere resi pubblici mercoledì 15 febbraio, quando il rapporto sarà consegnato al giudice Paola Plaza.

Le informazioni fornite dai periti non sono vincolanti per la decisione che il magistrato dovrà assumere, ma sono comunque prove scientifiche determinanti per comprendere se sia morto per un'azione di terzi o solo per la malattia.

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