Guerra in Israele

"Torneranno nei sacchi neri". L'inquietante minaccia di Hamas a Israele

Il portavoce delle Brigate al-Qassam, braccio armato di Hamas, minaccia ancora gli israeliani. Continuano i messaggi di morte dei terroristi, che si dicono pronti a ripetere la carneficina del 7 ottobre

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Il terrorismo con le armi e quello con le parole. Hamas usa la propaganda per colpire, con la stessa violenza sferrata nei suoi attacchi di fuoco. Non passa giorno che i leader dell'organizzazione terroristica non minaccino azioni di morte verso Israele i suoi sostenitori, con una spietatezza sempre maggiore. "Gaza sarà la maledizione della storia per Israele", ha affermato nelle scorse ore il portavoce dell'ala militare di Hamas, Abu Obeida, in un messaggio audio. Un vero e proprio anatema, suggellato poi da una macabra promessa: i soldati israeliani - ha detto - "ritorneranno nei sacchi neri".

La cruda violenza del 7 ottobre scorso non è bastata. I terroristi assetati di sangue intendono perpetrarla ancora e questo alla faccia di chi vorrebbe che Israele fermasse la sua azione difensiva nel nome di una tregua che, al momento, è nei fatti molto lontana. A ribadire quelle stesse volontà di morte era stato, nelle scorse ore, anche uno dei massimi esponenti di Hamas, Ghazi Hamad. Parlando alla tv libanese Lbc, l'esponente del movimento islamista paramilitare aveva manifestato l'intenzione di replicare le azioni terroristiche del 7 ottobre. "Le ripeteremo ancora e ancora. Abbiamo dato una lezione a Israele una volta, e gliela ridaremo una seconda, e poi una terza e una quarta"; aveva detto, confermando al giornalista la volontà di distruggere Israele.

"Sì, certo. L'esistenza di Israele è illogica: è quello che causa tutto il dolore, il sangue e le lacrime. Noi siamo solo le vittime dell'occupazione. Quindi nessuno deve rimproverarci per ciò che facciamo. 7 ottobre, 10 ottobre, 1 milioni di ottobre: è tutto giustificato", aveva esclamato Hamad. Nei giorni scorsi, un analogo delirio lo aveva proferito il leader di Hamas, Isamil Haniyeh, che aveva definito il sacrificio di sangue delle donne e dei bambini palestinesi necessario. "Siamo noi quelli che hanno bisogno di questo sangue, affinché risvegli in noi lo spirito rivoluzionario, la risolutezza, lo spirito di sfida e ci spinge ad andare avanti", aveva affermato.

La stessa follia fondamentalista si rintraccia nei messaggi che lo stesso Haniyeh ha pronunciato in un discorso online a un grande raduno nella città meridionale di Karachi, in Pakistan, durante il quale si è appellato alla Ummah musulmana (la comunità islamica internazionale). "Siamo pronti a sacrificare tutto per salvaguardare la moschea di Al-Aqsa", ha detto il capo dell'ufficio politico di Hamas. E ancora: "Attualmente, le nostre madri, sorelle e bambini stanno affrontando il martirio. Tutti i nemici dell'Islam si sono uniti contro di noi. Tuttavia, siamo risoluti nella nostra lotta continua per la libertà, l'indipendenza e la protezione della moschea di Al-Aqsa".

Haniyeh ha quindi aggiunto: "Siamo pronti a fare tutti i sacrifici necessari".

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