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MINI Countryman, il primo SUV non si scorda mai

Inizialmente visto come minaccia alla sopravvivenza del proverbiale “go-kart feeling”, il primo SUV MINI è diventato ben presto un’icona nella gamma del marchio inglese, nonché il secondo modello più venduto. La storia di un successo inaspettato

MINI Countryman, il primo SUV non si scorda mai
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Verso la fine degli anni 2000 circolava tra gli appassionati MINI lo spettro di un modello che, almeno sulla carta, di “mini” aveva ben poco. Un SUV/crossover nato sulla falsariga di quei modelli a ruote alte che stavano iniziando a prendere piede in Europa preannunciando la lenta ma inesorabile fine delle berline tradizionali. Dopo un paio di concept car che ne anticipavano lo stile, a marzo 2010 fece ufficialmente il suo debutto MINI Countryman, il primo SUV del marchio. In realtà, in MINI non hanno mai utilizzato questa definizione per il loro primo crossover, optando per una via di mezzo “democristiana” tra le berline tradizionali e i primi Sports Activity Vehicle dall’impronta sportiveggiante che la casa madre BMW stava lanciando in quegli anni.

MINI Countryman R60

La prima generazione di MINI Countryman - nome in codice R60 - nasceva con l’obiettivo di offrire un’alternativa dinamicamente e stilisticamente appetibile a tutti quegli automobilisti amanti del marchio MINI che necessitavano, però, di maggiore spazio e flessibilità. Primo modello con quattro porte vere e un ampio portellone posteriore, Countryman venne concepita come una vera MINI, solamente più grande e pratica. Lo stile, in primis, evolveva gli stilemi classici del marchio, adattandoli alle proporzioni di un veicolo dall’aspetto e dal setup meccanico robusto, capace di cavarsela anche in un fuoristrada non troppo impegnativo. Del resto, molte delle motorizzazioni presenti a listino offrivano (di serie o come optional) la trazione integrale. L’accoglienza iniziale, tuttavia, non fu propriamente calorosa, specialmente a livello mediatico.

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Il mercato lo premia

I “puristi” del marchio inglese e qualche esponente della stampa di allora non fecero sconti a MINI Countryman. Il giornalista automobilistico americano Dan Neil, per esempio, descrisse il modello come l’auto che avrebbe portato al fallimento del marchio MINI, sostenendo che con la Countryman l’azienda avesse abbandonato la logica interna che fino a quel momento ne aveva decretato il successo, ovvero quella di creare auto divertenti da guidare grazie soprattutto alle loro dimensioni ridotte. La “profezia” di Neil non si avverò, anzi. Ben presto, le MINI Countryman iniziarono a invadere le strade in Europa e in Nord America, facendosi apprezzare (con non poca sorpresa) anche dal pubblico femminile. Fin dal 2011, primo anno completo di commercializzazione, MINI Countryman divenne il secondo modello più popolare della gamma MINI dopo l’iconica berlina a tre porte. Lo stesso vale ancora oggi.

I punti di forza che ne decretarono il successo anche (e soprattutto) al di fuori della schiera degli appassionati MINI erano sicuramente il design originale (e ancora oggi attuale, benché sia stato evoluto notevolmente), la qualità premium degli interni (un po’ meno quella degli assemblaggi), lo spazio interno per i passeggeri e la maneggevolezza (per quanto grande, la MINI Countryman prima serie misurava una lunghezza di 4,11 metri, poco più di un’utilitaria di segmento B). Senza dimenticare le ampie possibilità di personalizzazione.

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Spiccata personalità e spazio inaspettato

Gli interni della prima MINI Countryman esprimevano tutta la personalità delle piccole di casa, con uno spazio mai visto prima su una MINI: la posizione di seduta leggermente rialzata veniva combinata con un cockpit focalizzato sulla guida, con il contagiri solidale al volante e il grande tachimetro centrale. Originale poi l’idea di collegare la parte anteriore e quella posteriore dell’abitacolo con il MINI Centre Rail, un binario in grado di integrare portaoggetti, portabicchieri, dispositivi audio esterni tramite fissaggi a clip. I sedili posteriori previsti di serie erano due poltrone singole, ma come opzione gratuita era disponibile una panca a tre posti. In entrambi i casi, era prevista la possibilità di scorrerli longitudinalmente per aumentare la capacità del bagagliaio (350 litri) oppure lo spazio per i passeggeri.

Un “go-kart” in formato SUV

Accostare il “go-kart feeling” - su cui MINI aveva costruito 10 anni di marketing - a un SUV potrebbe sembrare un’operazione molto rischiosa anche ai giorni nostri, dove di SUV sportivi ormai è pieno il mercato. Ebbene, nel 2010, MINI Countryman fu in grado di sorprendere tutti, con un veicolo a ruote alte che, semplicemente, si guidava come una MINI, con tutti i (tanti) pregi e i (pochi) difetti che ne conseguivano. Tra gli aspetti positivi di Countryman figurava senz’altro una meccanica raffinata. Il telaio offriva una rigidità notevole e uno schema sospensivo pensato per la guida, grazie all’assale anteriore MacPherson e a una soluzione multi-link al posteriore. L’assetto era tarato anch’esso sul rigido per ridurre ai minimi termini il rollio in curva, mentre lo sterzo elettromeccanico permetteva di sapere sempre dove si stavano infilando le ruote anteriori con una precisione sconosciuta a qualsiasi altro concorrente. Buono anche il supporto del cambio manuale, con una leva dagli innesti corti (anche se molto pesante da azionare, al pari del pedale della frizione). Ciliegina sulla torta, infine, era la trazione integrale permanente ALL4 con differenziale centrale elettromagnetico, capace di ripartire la trazione, solitamente al 50:50 tra i due assali, fino al 100% alle ruote posteriori in situazioni estreme.

Motori per tutti i gusti

Nato per essere brillante anche con i motori base (One benzina 1.6 da 98 CV, Cooper 1.6 benzina da 122 CV, One D 1.6 diesel da 90 CV e Cooper D 1.6 diesel da 111 CV), MINI Countryman esprimeva tutto il suo potenziale con le motorizzazioni di punta: la Cooper S montava un 1.6 turbo benzina da 184 CV mentre la Cooper SD riprendeva dalle parenti BMW il noto 2.0 diesel da 143 CV. Al vertice della gamma figurava la John Cooper Works, spinta dal 1.6 turbo benzina da 211 CV. Quasi tutte le motorizzazioni subirono migliorie all’efficienza e alle prestazioni in occasione del leggero aggiornamento datato 2014, che introdusse anche un piccolo restyling a mascherina, luci diurne e paraurti senza cambiare lo stile iconico di un modello che ancora oggi vanta un folto numero di appassionati in tutto il mondo.

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L’evoluzione della specie

Oggi, MINI Countryman si appresta a salutare la seconda generazione (F60), introdotta alla fine del 2016 e basata sull’architettura modulare UKL condivisa con le BMW a trazione anteriore e pronta ad accogliere la prima motorizzazione elettrificata (ibrida plug-in per l’esattezza) della gamma. Un passaggio che ha portato un incremento delle dimensioni esterne (da 4,11 m di lunghezza si è passati a 4,29 m), insieme ad un’iniezione di potenza (oggi la John Cooper Works arriva a 306 CV) e a un maggior comfort generale. Nel corso del 2023, MINI Countryman sarà sostituita dalla terza generazione realizzata sulla nuova architettura FAAR, una soluzione modulare e flessibile predisposta per accogliere motorizzazioni benzina, diesel, ibride leggere, ibride plug-in e totalmente elettriche.

Countryman atto terzo continuerà a crescere nelle dimensioni (si vocifera si arriverà a 4,50 m) per lasciare spazio a un nuovo piccolo SUV (anticipato nel 2022 dalla concept car MINI Aceman), che dovrebbe riprendere (a cominciare dalle dimensioni) lo spirito originale della prima Countryman: compatta fuori, spaziosa dentro e divertente da guidare.

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