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Volkswagen - Porsche 914, la prima safety car della storia

Un progetto bizzarro per una sportivetta che ha unito i destini di Volkswagen e Porsche. La 914 non ha avuto il successo sperato, ma è entrata nella storia

Volkswagen - Porsche 914, la prima safety car della storia
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Ci sono molte strade per entrare nel grande libro della storia, ma alcuni sentieri sono davvero strani e bizzarri. Al centro di questa vicenda ci sono due marchi, che in comune hanno soltanto la provenienza e poco altro: da una parte c'è la Volkswagen, l'"auto del popolo", un costruttore generalista che si pone come obiettivo ultimo quello di riempire la pancia delle masse con una folta schiera di modelli; dall'altra c'è Porsche, un competitor del mercato che fa della sportività e dell'esclusività il proprio biglietto da visita. Unire questi due destini sembra un incarico impossibile, eppure, per comuni esigenze di mercato nasce un veicolo che indossa i fregi automobilisti dello "yin e lo yang" su quattro ruote: la Volkswagen - Porsche 914. Quest'ultima è la figlia legittima del proletariato che abbraccia l'aristocrazia, e viceversa. Se questa anomalia non bastasse per renderla unica, il fatto che sia ricordata come la prima safety car della storia la colloca su un gradino ancora più alto di specialità.

La nascita di una joint-venture

Il perché Volkswagen e Porsche si alleino per la creazione di un nuovo prodotto è presto detto. Da Wolfsburg hanno la necessità di sostituire la Karmann Ghia, sportivetta fascinosa che ha spopolato anche al di là dell'Atlantico, mentre la Porsche ha bisogno di diversificare la propria gamma, con un'alternativa economica all'eccezionale 911. Arrivare a una stretta di mano per concludere l'affare è cosa semplice, in fondo le due realtà collaborano già da tempo per quanto riguarda motori e fabbricazioni. Il primo mattone che sigla questo sodalizio, è la creazione di una nuova società la VW-Porsche Vertriebsgesellschaft mbH, che fissa la propria sede a Ludwigsburg, nei pressi di Stoccarda. È il 1966. Dunque, non resta che gettare le basi operative per giungere alla produzione di una sportiva ammaliante, ma economica, meglio se "scappottata".

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I compiti vengono divisi in modo rigoroso: Porsche si occupa del telaio e delle sospensioni, Volkswagen ci mette i motori, mentre Karmann (azienda amica di VW) pensa a carrozzeria e assemblaggio. Per il resto, a supervisionare il tutto, viene incaricato Ferdinand Piëch. A un anno dal debutto, tuttavia, la mala sorte ci mette lo zampino: muore Heinrich Nordhoff, ingegnere capo della VW, nonché figura determinante per il progetto. La nuova azienda cerca, in fretta e furia, di metterci una pezza formando un management dinamico e propositivo, anche se da più parti si intuisce un certo scetticismo verso la nuova macchina. In ogni caso, si va avanti e nel 1969, la VW-Porsche 914 viene presentata al Salone di Francoforte.

La Volkswagen-Porsche 914 criticata per la poca potenza

Alla nuova sportiva tedesca viene dato un nome che si avvicina più alla tradizione Porsche, che a quella di Volkswagen: 914. Poco male, visto l'appeal esageratamente superiore da parte del costruttore di Zuffenhausen, anche se questo induce a non pochi franintendimenti. Il primo, nonché quello più grande, sono le prestazioni. Alla leggera vettura a due posti vengono confezionati, in posizione posteriore-centrale, due motori debolucci: un 4 cilindri di derivazione Volkswagen, 1679cc a iniezione e 80 CV, e un 6 cilindri Porsche da 1991cc a doppio carburatore e 110 CV. Entrambi i propulsori sono dei boxer raffreddati ad aria, in pieno rispetto della tradizione dei due marchi. In ogni caso, il giudizio conclusivo è unanime: servono più cavalli.

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La macchina, stilisticamente, si fa notare perché adotta una carrozzeria "targa", con tettuccio rigido asportabile e roll bar molto solido. La sue forme sono marcatamente squadrate, ma l’aerodinamica spicca per un livello di penetrazione dell'aria ragguardevole per i suoi tempi. La 914, inoltre, offre due bagagliai, uno anteriore e uno posteriore, in tutte le sue versioni. A dimostrazione delle sua vocazione di versatilità nel campo della sportività. Nel ventaglio di proposte degli anni Settanta lei è una voce fuori dal coro, ma non sono in tanti a capirla a pieno.

La prima safety car di sempre

È il 23 settembre del 1973, la Formula 1 fa tappa in Canada. Sul circuito nordamericano si corre veloce, ma l'asfalto è viscido. All'improvviso, la gara viene scossa da un incidente che capita a due piloti: Scheckter e Cevert. Con somma sorpresa da parte di tutti, entra in pista un'auto che non ha le sembianze di una monoposto, anzi, tutto il contrario. La 914/6 di colore giallo, si mette al comando della lunga fila di piloti, dettando l'andatura mentre gli addetti del circuito ripuliscono il tracciato dai detriti. Sia dal vivo che in televisione, tutti gli spettatori restano attoniti. Questa scena, prima di quel preciso istante, non si era mai vista, mentre adesso è una nobile consuetudine. Non tutto, però, fila liscio in quel debutto di cinquant'anni fa.

VW Porsche

Gli occupanti della Porsche, il pilota Eppie Wietzes e, il segretario dell’associazione costruttori di F1, Peter Mackintosh compiono una topica stratosferica. Invece di mettere la propria vettura di fronte al primo pilota in gara, la piazzano davanti all'undicesimo, Howden Ganley, su Williams. Il neozelandese passa sotto alla bandiera a scacchi in qualità di vincitore, ma a causa della safety car questo risultato è falsato. Per riportare ordine servono nuovi conteggi, che giustamente consegnano a Peter Revson su McLaren il primo posto nel GP del Canada. Assolutamente "non buona la prima" per la 914.

Carriera sfortunata

Nel 1972 la Volkswagen si ritira dal progetto, mentre Porsche ci crede ancora e porta avanti alcune nuove versioni, fino a trascinare stancamente la 914 al 1975, anno di pensionamento. Ne vengono prodotte quasi 119.000 esemplari, che lasceranno il posto a un modello che avrà un successo molto più fragoroso: la Porsche 924.

Anche quest'ultima, tuttavia, avrà le sue gatte da pelare per conquistare i favori degli esigenti "porschisti", che la apprezzeranno quando il tempo ne avrà addolcito il ricordo.

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