Aziende

Il "divorzio" da Mittal e il tavolo coi sindacati: il piano del governo sull'Ilva

"Nessun passo indietro". Il ministro Mantovano lo aveva annunciato e durante l'incontro coi sindacati a Palazzo Chigi è stata annunciata la strategia di divorzio consensuale tra Arcerlor Mittal ed ex Ilva

Il "divorzio" da Mittal e il tavolo coi sindacati: il piano del governo sull'Ilva

Ascolta ora: "Il "divorzio" da Mittal e il tavolo coi sindacati: il piano del governo sull'Ilva"

Il "divorzio" da Mittal e il tavolo coi sindacati: il piano del governo sull'Ilva

00:00 / 00:00
100 %

Secondo alcune fonti, il governo starebbe valutando la possibilità di un "divorzio consensuale" con ArcelorMittal su ex Ilva. Mercoledì dovrebbe essere il giorno prestabilito per capire se esistono le condizioni per arrivare ad una intesa su questo tipo di scenario. Attualmente ArcelorMittal detiene il 62% di Acciaierie d'Italia, mentre la partecipazione pubblica di Invitalia è al 38%. Si è tenuto oggi a Palazzo Chigi un incontro tra governo e sindacati per capire in che direzione andare.

"Non ci sarà nessun passo indietro. Da oggi a mercoledì è il tempo necessario a definire il divorzio. Mittal comunque è fuori", avrebbe detto, da quanto si apprende, da fonti presenti all'incontro il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano. Le condizioni che ha posto ArcelorMittal per rimanere in Acciaierie d'Italia vengono definite "inaccettabili" e "i percorribili". Per traghettare Taranto fuori dalla drammatica crisi produttiva in cui versa e garantire l’occupazione di un bacino che conta 20mila lavoratori tra diretti e indiretti, serve un intervento drastico. "Noi intendiamo invertire la rotta cambiando equipaggio", sono state le parole di Adolfo Urso questa mattina, evidenziando che alla richiesta di un impegno finanziario pro quota il socio privato si è tirato indietro, anche nel caso in cui lo Stato dovesse salire al 66%, portando così gli indiani al 34% del capitale.

Nei fatti, quindi, Mittal si è detta “disponibile ad accettare di scendere in minoranza ma non a contribuire finanziariamente in ragione della propria quota, scaricando l'intero onere finanziario sullo Stato ma nel contempo reclamando il privilegio concesso negli originali patti tra gli azionisti”. Patti a dir poco “leonini” che, ha accusato il titolare di via Veneto chiamando in causa il governo Conte II, “nessuno che abbia cura dell'interesse nazionale o che abbia conoscenze delle dinamiche industriali avrebbe mai sottoscritto”. Una situazione che ora il governo Meloni vorrebbe risolvere nell'ottica del maggiore interesse del Paese. "Non ci sono più le condizioni per condividere la fiducia e le prospettiva per impegni reciproci con Mittal.

L'incontro dell'8 gennaio scorso ha chiarito definitivamente che non è possibile proseguire nella gestione di Acciaierie d'Italia assieme a Mittal", così avrebbero rassicurato i membri del governo nel corso dell'incontro.

Commenti